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domenica 20 novembre 2011

Capitolo quattordici: Hydrophobia

Alba, 4 Gennaio 1893, ?.

La settimana sta per finire.
Dopo aver conosciuto Mark abbiamo proseguito il nostro viaggio, incontrando fin troppi ostacoli.
Ora sapevamo che i Marid si trovavano presso i torrenti e anche in alcune pozzanghere. Questa era un’informazione molto utile, l’unico problema era che non si trovavano più corsi d’acqua nella zona.
Abbiamo provato addirittura a tornare indietro, nel luogo dove facemmo il primo incontro con una delle creature, ma l’incantesimo non si scioglieva più.
Così abbiamo perso due giorni.
E ce ne rimangono soltanto altri due per catturarli.
Potrebbe andare decisamente meglio.
Non ho neanche più la forza di scrivere così spesso.
Anche Mark ha un diario personale, anche se lo definirei più che altro un “diario di bordo”, dovrebbe essere un quadernino dove annovera tutte le sue ricerche e le scoperte.
Da quando ha ricevuto gli Ourobolos è sempre impegnato a fare continue congetture e nuove teorie su composizioni e scomposizioni chimiche.
Io invece scriverò non appena troveremo qualcosa, sarebbe inutile finire tutte le pagine scrivendo sempre le stesse cose e senza nulla di nuovo.

Tardo pomeriggio, 4 Gennaio 1893, ?.

Quella di poco fa è stata una delle esperienze più incredibili e raccapriccianti degli ultimi giorni. Ritorno terrorizzato e eccitato al solo pensiero.
Diciamo che Kelly ha dato la vera prova di cosa è capace, ma non avevo dubbi sul fatto che fosse già molto forte.
Abbiamo camminato per ore finché Mark non si è accorto che il terreno sotto i nostri piedi stava diventando molto più umido del previsto.
Edmund si girava intorno in continuazione e il suo nervosismo era evidente. Essendo mio fratello è normale che avesse le mie stesse reazioni, e io mi sentivo osservato.
E in pericolo.
Dopo qualche minuto ci trovammo di fronte a un’enorme sorgente di acqua calda, nel bel mezzo della foresta, da cui ormai non uscivamo da circa tre giorni.
Kelly improvvisamente si è avvicinata al punto in cui sgorgava l’acqua.
In effetti era uno spettacolo molto curioso.
La sorgente era simile a una grande voragine aperta nel terreno, da cui partivano tanti rigagnoli che si estendevano in tutte le direzioni, tranne in quella da cui eravamo venuti.
Inaspettatamente uscirono dei forti getti d’acqua dal terreno, da dei piccoli fori distanti disposti a cerchio.
Gli spruzzi d’acqua si incontrarono, formando una grande cupola vitrea, ma fluida: una sottile pellicola che impediva a Kelly, rimasta intrappolata all’interno, di raggiungerci.
Dall’interno provò a lanciare diversi incantesimi contro la strana struttura, ma non la scalfì minimamente.
Noi siamo dovuti rimanere acquattati su una roccia nelle vicinanze, ma avevamo già capito cosa sarebbe dovuto succedere.
Il vortice d’acqua della sorgente si fermò all’improvviso, lasciando risalire dalla superficie la figura azzurra che stavamo cercando così disperatamente.
La ragazza sfoderò Skyline, senza esitazione, sapeva che era il suo momento, sapeva che doveva difendersi e offendere, doveva distruggere quella creatura.
Il Marid, fuoriuscito completamente dall’acqua, sfoderò i suoi denti che, nonostante fossero semitrasparenti, sembravano più che affilati.
Con un ringhio, la creatura partì all’attacco.
Si lanciò verso il bellissimo viso con un’agilità impareggiabile.
Kelly ebbe difficoltà a schivare il primo attacco; le unghie taglienti le graffiarono il viso e il vestito lungo, leggermente macchiato dal fango.
Sapevo che a quel vestito ci teneva davvero molto.
Mi aveva detto che era il vestito che la madre indossava sempre, prima che morisse dandola alla luce.
Da allora l’ha sempre conservato come se fosse l’unica cosa che le rimaneva della donna che l’aveva messa al mondo, che non aveva mai conosciuto.
L’altro giorno l’ho vista addirittura alzarsi dal letto, di notte, per sentire il suo profumo. Tramite quello poteva immaginarsi il suo aspetto, mi diceva.
Era strappato sopra la spalla. Mentre la guardavo saltare all’indietro il mio cuore batteva all’impazzata, non sapevo se essere terribilmente in ansia per la persona che più amavo sulla terra oppure cercare di infonderle tutte il coraggio che potevo darle. Mi sentivo fallito in quanto suo ragazzo, non potevo proteggerla, ero costretto a rimanere seduto mentre lei saltava qua e là evitando le sferzate delle sue zampe che fendevano l’aria.
Per l’ennesima volta in vita mia, mi sentivo inutile.
Provai ad osservare meglio lo scontro, per cercare di capire se il nemico avesse un punto debole, visto che gli incantesimi gli passavano attraverso.
Se era incorporeo, come faceva ad attaccarla, a toccarla?
Aguzzando la vista mi accorsi che le sue zampe, un istante prima di toccare terra, diventavano leggermente più chiare, quasi bianche. Mi ricordai del fatto che Mark aveva sciolto il suo nemico con il sale, quindi almeno la parte che toccava il suolo doveva per forza diventare solida.
Cercai di chiamarla, ma evidentemente la cupola isolava il suono, in modo che fosse impossibile qualsiasi comunicazione con lei.
Doveva cavarsela da sola.
Avendo studiato fin da bambina con il padre medico, era molto saggia, sapeva osservare bene la situazione, ma soprattutto, era dotata di un grande intelletto, forse anche  superiore al mio e a quello di Ed e Mark.
E aveva intuito tutto. Le bastò incendiare l’erba ancora fresca sotto i piedi del Marid con i movimenti sinuosi che faceva compiere alla sua asta.
Le sue zampe cominciarono a sciogliersi pian piano, ma non dava segno di voler mollare, ringhiando con tutta la forza che aveva in corpo.
L’acqua che usciva dalle sue zampe stava spegnendo alla base le fiamme che si trovavano sul terreno.
Sotto i loro piedi era rimasto solo il suolo bruciato.
Della creatura, invece, era rimasto solo il corpo mutilato.
Kelly si girò verso di noi, sfoderando un sorriso raggiante.
In quel momento io e gli altri cominciammo ad urlare, sfogando tutta la nostra gioia per poterla vedere ancora in piedi, viva, dopo i pericoli che aveva passato.
Ma forse stavamo cantando vittoria troppo presto.
Eravamo scesi dalla roccia venendole incontro per farle i complimenti per il bellissimo eppure breve combattimento.
Speravamo di sentire la solita sottile musica che fuoriusciva dal carillon, ma questo non si aprì.
Dalla voragine si riformò il vortice d’acqua.
Un rigagnolo si congiunse con il corpo della bestia.
Le sue zampe stavano ricrescendo, velocemente.
Kelly vide i nostri volti che cambiavano espressione, all’inizio non capì cosa stava succedendo. Urlammo, battemmo i pugni contro la cupola d’acqua, per cercare di farla voltare, ma vidi soltanto le zanne del Marid che affondavano nei fianchi della ragazza.
Cominciarono a sgorgarmi le lacrime per la disperazione, avevo paura di non poterla più abbracciare, avevo paura che finisse tutto così presto. Avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarla, qualsiasi.
Costrinsi Mark a tenere pronto l’Oro Potabile non appena si fosse schiusa la protezione. Io e Edmund sferravamo colpi potentissimi, speravamo di poter irrompere in quel maledetto campo di battaglia, anche se sapevamo che sarebbe stato inutile provarci.
Intanto le due figure lottavano.
Kelly non voleva saperne di essere sconfitta, ma il Marid non si arrendeva facilmente.
Skyline era fuori dalla sua portata purtroppo, si trovava oltre il felino, e non poteva fare nulla per riprenderla.
Fortunatamente il mostro, agitando la coda violentemente, finì per dare un colpo all’asta magica, che si avvicinò notevolmente alla morbida mano dell’incantatrice.
Ebbe il tempo di impugnare l’arma e scaraventare il mostro dall’altra parte dell’emisfero, tra miliardi di scintille scarlatte.
Il nemico si rialzò a stento in piedi, ma Kelly non si fece trovare impreparata.
Il suo sguardo emanava più scintille dell’incantesimo precedente, e il suo coraggio non aveva più eguali. Avrebbe lottato fino alla fine, e il risultato poteva essere solo uno: la sua vittoria schiacciante.
La belva caricò per l’ultima volta.
Con un movimento fulmineo Kelly prese l’asta a due mani e la puntò contro il Marid.
Mentre saltava le sue zanne cominciavano a diventare di ghiaccio.
Dalla Skyline uscì una fiammata intensa, enorme, davvero incredibile vista la sua esperienza magica.
Era solo una novellina dopotutto.
Sciolse la bestia dal capo fino alla coda: non ebbe il tempo neanche di toccare di nuovo terra.
Stavolta era finita davvero.
Ora il suo sorriso, dopo aver avuto paura di perderla, valeva  ancora di più.
Il carillon nella tasca laterale del vestito finalmente si aprì, mostrando come punteggio 8.5/10. La cupola venne giù come si era innalzata, e la ragazza si accasciò dolcemente a terra, con il sangue che fuoriusciva dal fianco straziato dai morsi, con il sorriso sul suo volto stanco e felice.
Con il respiro che la abbandonava.

Capitolo tredici: Il quarto elemento

Alba, 2 Gennaio 1893, ?.

Ieri notte non sono riuscito per niente a dormire.
Gli strilli dell’uomo che avevamo visto ieri sera mi risuonano tutt’ora nella testa.
Sembra tutto un maledetto incubo.
Non sappiamo dove andare, cosa fare, cosa cercare.
Kelly ha scavato un buco nella parete con la magia, creando una piccola caverna, abbastanza grande da permetterci di riposare tranquilli.
Ancora ricordo il mostro di ieri.
Era totalmente concentrato sulla sua preda, probabilmente non ci teneva neanche in considerazione.
Il suo pelo era vitreo, rifletteva i colori circostanti, ma aveva la consistenza e la fluidità dell’acqua, come se gli scorresse addosso.
Gli occhi rossi simili a rubini incutevano terrore a chiunque.
Sapevamo però che saremmo riusciti a catturare il Dominatore dell’Acqua, una delle creature per cui eravamo entrati in questo mondo sconosciuto. Fra poco, quando Kelly e Edmund si saranno svegliati, partiremo alla volta della foresta, ma non so cosa ci potrebbe attendere.

Mattina, 2 Gennaio 1893, ?.

Appena attraversato il fiume, abbiamo avuto due sorprese.
Dietro di noi si era riformato l’incantesimo sciolto ieri, e ci trovammo di fronte alla solita spaccatura sul nulla, che aveva sostituito di nuovo il fiume.
Si vedeva però il cielo azzurro, lo stesso che si ergeva sopra le nostre teste.
Davanti a noi, come uno specchio riflettente.
Camminando per qualche metro notammo delle strisce di sangue per terra.
Erano di un rosso intenso, erano di sangue umano, di cui gran parte era già stato assorbito dal terreno.
Ma non fu l’unica cosa che scorgemmo.
Credevamo che presto avremmo trovato il cadavere straziato dell’alchimista, ma risaltò dall’erba del bosco solo il suo caratteristico camice marrone sporco di sangue, vicino a una pozza d’acqua.
Il vestito era molto lungo e sui bordi presentava strane decorazioni: riccioli dorati che si sviluppavano e si intrecciavano senza fine.
Dietro la manica era ricamato un simbolo che avevo visto spesso, un serpente che si mangiava la coda.
-Hai ragione, è proprio un alchimista. Ma come hai fatto a riconoscerlo subito?- mi chiese Edmund.
-Ho lavorato per un anno intero nel negozio di un alchimista, a Gingertown. Indossava lo stesso vestito di quest’uomo, con le stesse brillanti decorazioni, e sull’ insegna del negozio c’era lo stesso simbolo che c’è qui, per me non era difficile collegare. Quello che mi lascia davvero perplesso è questa pozza d’acqua, come diavolo ci è finita qui?
Poi capii.
-Edmund, Kelly, venite qui, guardate cosa ho trovato. Nella pozzanghera c’è un misto di sabbia, ghiaia e sale: quando sono insieme questi tre elementi possono sciogliere il ghiaccio ed evitare che si riformi. Se poniamo, per ipotesi, che il Marid sia composto di acqua e ghiaccio, deduciamo  che l’uomo è riuscito a scappare uccidendo il mostro che lo aveva attaccato. La sabbia e la ghiaia li ha trovati… qui- indicai la base di un grande albero, non lontano dalla pozzanghera- ma il cloruro di sodio non può essere stato messo lì che da lui, questo significa che cercando nel vestito… ecco qua! Ci sono tantissime tasche interne in cui sono  riposte tantissime piccole boccette con differenti sostanze: dalle etichette si leggono Cloruro di Sodio, Zolfo, Fosforo bianco, Calce spenta, Acido Cloridrico, polvere da sparo, c’è perfino una boccetta piena di Fulminato di Mercurio, mi pare che sia un potente esplosivo. Quest’uomo era ben armato, gli bastava lanciare una boccetta addosso ai suoi nemici per  difendersi, aveva anche altri elementi utili, ma non capisco perché abbia lasciato questo vestito.
-Lud, forse è meglio se portiamo il camice con noi, visto che è riuscito a scappare potrebbe averne ancora bisogno.
-Si hai ragione. Seguiamo le tracce di sangue, probabilmente arriveremo a lui.
Purtroppo erano più del previsto.
Aveva perso davvero moltissimo sangue, e stiamo cominciando a perdere le speranze di trovarlo vivo.

Primo pomeriggio, 2 Gennaio 1893, ?.

Lo abbiamo trovato.
Si trovava sopra al ramo di un albero, probabilmente aveva raccolto le ultime forze rimaste per mettersi al sicuro.
Lo abbiamo tirato giù per cercare di capire le sue condizioni.
E’ solo svenuto per fortuna, ma è pallidissimo e respira a malapena.
Ha graffi e morsi dappertutto, ma sono cosparsi da uno strano unguento: per terra, ai piedi dell’albero su cui si era arrampicato ho trovato una boccettina vuota su cui era scritto Oro Potabile.
Pensavo che questa sostanza fosse nota solo a chi cercasse la Quintessenza.
Kelly mi sta urlando di aiutarla a medicare il ferito e lasciar perdere di scrivere, continuerò dopo.


Tardo Pomeriggio, 2 Gennaio 1893, ?.

Finalmente si è svegliato. Kelly ci ha proibito assolutamente di tartassarlo di domande visto che era ancora debole, perciò ci ha fatto aspettare che si rimettesse del tutto.
Si stava scollando il composto di sali di oro e solfato ferroso dalle ferite, diventato ormai una sottile guaina aderente. In compenso le ferite erano scomparse quasi del tutto, cicatrizzandosi perfettamente.
Improvvisamente mi ricordai di quella che avevo sulla guancia e di quella che avevo fatto sulla fronte di Edmund quando combattemmo qualche giorno fa. Eravamo stati proprio degli stupidi.
L’uomo si è ripreso del tutto e ha ricominciato a parlare.
Le sue prime parole furono queste:- Datemi dell’acqua, ve ne prego.
La sua voce era rauca, aveva un tono molto basso, dettato probabilmente dalla stanchezza.
Kelly trasformò la sua piuma in Skyline e creò prima una coppa di vetro, poi la riempì d’acqua. Ora le bastava poco per utilizzare la magia, aveva raggiunto buoni livelli, e le  bastava pensare a cosa dovesse realizzare per fare qualcosa di sorprendente.
Edmund fu il primo a fargli delle domande.
-Sai dirci come ti chiami e da dove vieni?
Lui annuì.
-Il mio nome è Mark, vengo dalla casata dei Marian’hel, nel Silver Serpent State, e sono l’alchimista di corte nel castello di Ivory Kingdom.
-Forse ti chiedo troppo, ma sai dove ci troviamo? Puoi raccontarci qualcosa di te? O almeno, come sei arrivato qui? Non sappiamo nulla di questo posto.
-Non so dirvelo neanche io. Ricordo soltanto che poco prima di svegliarmi in una radura non lontana da qui pensavo di essere morto. Avevo da tempo una malattia incurabile che mi aveva colpito i polmoni. Era stata causata dalla lunga esposizione ai fumi tossici dei miei esperimenti: infatti, come alchimista, occupavo il posto di medico, ufficiale dell’esercito della sottosezione detonazioni e ricercatore di corte.
L’ultima reminiscenza della mia vita fu che persi i sensi dopo aver riposto la Panacea, la sostanza che curava tutte le ferite e le malattie, chiamato anche Oro Potabile, nella boccetta che avevo nel cappotto, ma ora l’ho finita tutta per curarmi e non me ne rimane neanche una goccia, e per di più ho lasciato la relativa formula nel laboratorio al castello, così sono totalmente esposto ai pericoli esterni. Dannazione!- batté la mano sulla corteccia dell’albero strappandone un bel pezzo- Non era così che doveva finire! Avevo trovato il modo di salvarmi, finalmente… Se solo avessi finito qualche istante prima, avrei potuto inalarne un po’ e salvarmi, ma ora mi ritrovo qui da settimane, senza uno scopo, senza un futuro! Cosa farò ora?
Cominciò a piangere silenziosamente.
Le lacrime rigarono il suo volto, sembravano non essere degne di toccare quel viso lucido, puro.
-Il mio nome è Ludwig, lei è Kelly e lui è mio fratello Edmund. Ti siamo grati per averci rivelato tutti questi dettagli, anche se ci hai appena conosciuti, ma, te ne prego, seguici, noi abbiamo un posto dove tornare e sappiamo anche come, potresti anche tornarci utile- dissi con un sorriso.
-No! Non posso. Non chiedetemi di fare una cosa del genere, io… non voglio, vi metterei in pericolo…
-Cosa dici? Come puoi metterci in pericolo tu, proprio tu che sei riuscito a difenderti così bene? Non ha senso quello che dici! -Si invece, certo che ha un senso. Io sono dannato. Da ufficiale dell’esercito ho ricevuto spesso importanti incarichi, ma non tutti erano semplici da svolgere. A volte mi chiesero di far crollare la case dei malfattori che avevano arrecato danno al Re, o anche quelle dei personaggi che gli erano scomodi. Quando qualche territorio veniva conquistato, avevo il compito di bruciare e distruggere tutti gli edifici che passavano solo il mio comando, erano gli ordini del Re, non potevo ribellarmi. Ah! Quanta gente innocente ho ucciso, non lo meritava, nessuno meriterebbe una morte cose, macellata dalle macerie, incendiata dalle esplosioni, intossicata dai gas. Ogni notte mi ritornano in mente tutte le loro voci imploranti perdono, che chiedevano di essere risparmiati. Ogni notte, ogni maledetta notte mi fanno impazzire, divento pazzo! Non riesco.. a sopportare… un tale peso… dovete… aiutarmi. Dovete Aiutarmi!- Urlò con tutta la forza che aveva in corpo.
Il suo respiro improvvisamente accellerò.
La voce era tornata quella del giorno precedente, stranamente acuta, da soggetto mentalmente instabile quale era.
Di giorno, un brillante scienziato; di notte un assassino maledetto.
D’un tratto sentimmo un fruscio da dietro un cespuglio e il suono di monete che cadevano al suolo.
La voce di Mark tornò normale e lui calmò.
-Scusatemi, il suono dell’oro, il principale composto usato nei miei lunghi anni di studi, è l’unica cosa che mi riporta alla realtà, ma mi gira ancora la testa…
Mentre Edmund lo fece sedere alle radici dell’albero, io mi avvicinai con cautela al cespuglio.
-Ragazzi, venite a dare un’occhiata- mormorai.
-Cosa c’è Lud? Ah, ora capisco!- Esclamò Edmund eccitato.
Prese in mano l’oggetto che si trovava per terra e lo mostrò a Mark.
Era lo stesso zaino che Lady Ivalovna ci aveva lasciato prima di scaraventarci in questo posto.
Dentro c’erano le stesse cose che avevamo noi più una delle piume di Ifrit.
-Hum, una piuma di un Ifrit, vero?- nessuno gli aveva rivelato il nome del grifone.
-Cosa significa di “un” Ifrit?
-Penna di argento cromata, si, questa appartiene alla corazza  di un Ifrit, il suo sigillo. Ogni Dominatore, quando è ancora sigillato, ha una corazza che gli impedisce di rivelare la sua vera natura.
-Ma se Ifrit è ancora sigillato questo significa che…
-Ludwig, quell’Ifrit che conosciamo noi, non può essere altro che la creatura che uccise Iris, lo sai?
-Sì, l’avevo intuito. Allora cosa si fa?
-Andiamo ad ucciderlo.
-Cosa? Stai scherzando? Quella creatura è rimasta al tuo fianco per tutto questo tempo! La conosci anche meglio di noi! Non puoi ucciderla!- gli disse la ragazza.
-Io lo faccio per Iris. Ha portato via la mia unica ragione di vita, e non posso non vendicarmi, la pagherà cara, quell’uccellaccio di merda.
Intanto Mark, frugando nella borsa trovò la scheda con i nostri stessi obiettivi e riconobbe subito il Marid. Una piccola luce celeste volò dall’interno della foresta verso un oggetto minuscolo che teneva nella mano. Il suo piccolo carillon si aprì con una dolce melodia, e una piccola insegna sopra un ingranaggio aveva incisi dei numeri: 7.5/40.
Aveva guadagnato 7.5 punti su 10, la sua prima cattura.
La sua piuma si trasformò con un bagliore dorato in un paio di guanti.
-Dei guanti? Che arma strana- commentò Edmund a braccia conserte.
-Questi non sono normali guanti. Guardate il simbolo sui polpastrelli!- Kelly indicò la punta delle dita su cui erano ricamati 5 simboli. 5 serpenti che si mordevano la coda.
Per terra si poggiò un foglietto di carta.
C’erano scritte queste parole :

Questi sono gli Ouroboros, i guanti della scomposizione elementare. Non funzionano con gli esseri umani, ma ti aiuteranno nelle tue ricerche. Li ho anche incantati per fare in modo che tu possa anche controllare la tua mente di notte, perciò usali bene. Lady I.

A Mark si illuminarono gli occhi di una luce immensa.
-Chi mai può volermi così bene da mandarmi un dono così ambito? I mitici Ouroboros! Non pensavo che esistessero davvero!
Si infilò i guanti e toccò una pietra che si trovava vicino a lui.
Questa immediatamente diventò polvere, scomponendosi nei suoi elementi chimici principali.
Rimase a bocca aperta.
-Ora ho di nuovo la possibilità di ricrearmi gli elementi che mi mancavano senza quelle dannate reazioni chimiche! E quelle monete d’oro… posso ricreare la Panacea! Oh, grazie, chiunque tu sia- chiuse i palmi delle mani come se stesse pregando.
-Ricreerò subito la Panacea, aspettatemi, penso di ricordare la formula!
Ed è così che entrò il quarto elemento nella nostra squadra.



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