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domenica 20 novembre 2011

Capitolo quattordici: Hydrophobia

Alba, 4 Gennaio 1893, ?.

La settimana sta per finire.
Dopo aver conosciuto Mark abbiamo proseguito il nostro viaggio, incontrando fin troppi ostacoli.
Ora sapevamo che i Marid si trovavano presso i torrenti e anche in alcune pozzanghere. Questa era un’informazione molto utile, l’unico problema era che non si trovavano più corsi d’acqua nella zona.
Abbiamo provato addirittura a tornare indietro, nel luogo dove facemmo il primo incontro con una delle creature, ma l’incantesimo non si scioglieva più.
Così abbiamo perso due giorni.
E ce ne rimangono soltanto altri due per catturarli.
Potrebbe andare decisamente meglio.
Non ho neanche più la forza di scrivere così spesso.
Anche Mark ha un diario personale, anche se lo definirei più che altro un “diario di bordo”, dovrebbe essere un quadernino dove annovera tutte le sue ricerche e le scoperte.
Da quando ha ricevuto gli Ourobolos è sempre impegnato a fare continue congetture e nuove teorie su composizioni e scomposizioni chimiche.
Io invece scriverò non appena troveremo qualcosa, sarebbe inutile finire tutte le pagine scrivendo sempre le stesse cose e senza nulla di nuovo.

Tardo pomeriggio, 4 Gennaio 1893, ?.

Quella di poco fa è stata una delle esperienze più incredibili e raccapriccianti degli ultimi giorni. Ritorno terrorizzato e eccitato al solo pensiero.
Diciamo che Kelly ha dato la vera prova di cosa è capace, ma non avevo dubbi sul fatto che fosse già molto forte.
Abbiamo camminato per ore finché Mark non si è accorto che il terreno sotto i nostri piedi stava diventando molto più umido del previsto.
Edmund si girava intorno in continuazione e il suo nervosismo era evidente. Essendo mio fratello è normale che avesse le mie stesse reazioni, e io mi sentivo osservato.
E in pericolo.
Dopo qualche minuto ci trovammo di fronte a un’enorme sorgente di acqua calda, nel bel mezzo della foresta, da cui ormai non uscivamo da circa tre giorni.
Kelly improvvisamente si è avvicinata al punto in cui sgorgava l’acqua.
In effetti era uno spettacolo molto curioso.
La sorgente era simile a una grande voragine aperta nel terreno, da cui partivano tanti rigagnoli che si estendevano in tutte le direzioni, tranne in quella da cui eravamo venuti.
Inaspettatamente uscirono dei forti getti d’acqua dal terreno, da dei piccoli fori distanti disposti a cerchio.
Gli spruzzi d’acqua si incontrarono, formando una grande cupola vitrea, ma fluida: una sottile pellicola che impediva a Kelly, rimasta intrappolata all’interno, di raggiungerci.
Dall’interno provò a lanciare diversi incantesimi contro la strana struttura, ma non la scalfì minimamente.
Noi siamo dovuti rimanere acquattati su una roccia nelle vicinanze, ma avevamo già capito cosa sarebbe dovuto succedere.
Il vortice d’acqua della sorgente si fermò all’improvviso, lasciando risalire dalla superficie la figura azzurra che stavamo cercando così disperatamente.
La ragazza sfoderò Skyline, senza esitazione, sapeva che era il suo momento, sapeva che doveva difendersi e offendere, doveva distruggere quella creatura.
Il Marid, fuoriuscito completamente dall’acqua, sfoderò i suoi denti che, nonostante fossero semitrasparenti, sembravano più che affilati.
Con un ringhio, la creatura partì all’attacco.
Si lanciò verso il bellissimo viso con un’agilità impareggiabile.
Kelly ebbe difficoltà a schivare il primo attacco; le unghie taglienti le graffiarono il viso e il vestito lungo, leggermente macchiato dal fango.
Sapevo che a quel vestito ci teneva davvero molto.
Mi aveva detto che era il vestito che la madre indossava sempre, prima che morisse dandola alla luce.
Da allora l’ha sempre conservato come se fosse l’unica cosa che le rimaneva della donna che l’aveva messa al mondo, che non aveva mai conosciuto.
L’altro giorno l’ho vista addirittura alzarsi dal letto, di notte, per sentire il suo profumo. Tramite quello poteva immaginarsi il suo aspetto, mi diceva.
Era strappato sopra la spalla. Mentre la guardavo saltare all’indietro il mio cuore batteva all’impazzata, non sapevo se essere terribilmente in ansia per la persona che più amavo sulla terra oppure cercare di infonderle tutte il coraggio che potevo darle. Mi sentivo fallito in quanto suo ragazzo, non potevo proteggerla, ero costretto a rimanere seduto mentre lei saltava qua e là evitando le sferzate delle sue zampe che fendevano l’aria.
Per l’ennesima volta in vita mia, mi sentivo inutile.
Provai ad osservare meglio lo scontro, per cercare di capire se il nemico avesse un punto debole, visto che gli incantesimi gli passavano attraverso.
Se era incorporeo, come faceva ad attaccarla, a toccarla?
Aguzzando la vista mi accorsi che le sue zampe, un istante prima di toccare terra, diventavano leggermente più chiare, quasi bianche. Mi ricordai del fatto che Mark aveva sciolto il suo nemico con il sale, quindi almeno la parte che toccava il suolo doveva per forza diventare solida.
Cercai di chiamarla, ma evidentemente la cupola isolava il suono, in modo che fosse impossibile qualsiasi comunicazione con lei.
Doveva cavarsela da sola.
Avendo studiato fin da bambina con il padre medico, era molto saggia, sapeva osservare bene la situazione, ma soprattutto, era dotata di un grande intelletto, forse anche  superiore al mio e a quello di Ed e Mark.
E aveva intuito tutto. Le bastò incendiare l’erba ancora fresca sotto i piedi del Marid con i movimenti sinuosi che faceva compiere alla sua asta.
Le sue zampe cominciarono a sciogliersi pian piano, ma non dava segno di voler mollare, ringhiando con tutta la forza che aveva in corpo.
L’acqua che usciva dalle sue zampe stava spegnendo alla base le fiamme che si trovavano sul terreno.
Sotto i loro piedi era rimasto solo il suolo bruciato.
Della creatura, invece, era rimasto solo il corpo mutilato.
Kelly si girò verso di noi, sfoderando un sorriso raggiante.
In quel momento io e gli altri cominciammo ad urlare, sfogando tutta la nostra gioia per poterla vedere ancora in piedi, viva, dopo i pericoli che aveva passato.
Ma forse stavamo cantando vittoria troppo presto.
Eravamo scesi dalla roccia venendole incontro per farle i complimenti per il bellissimo eppure breve combattimento.
Speravamo di sentire la solita sottile musica che fuoriusciva dal carillon, ma questo non si aprì.
Dalla voragine si riformò il vortice d’acqua.
Un rigagnolo si congiunse con il corpo della bestia.
Le sue zampe stavano ricrescendo, velocemente.
Kelly vide i nostri volti che cambiavano espressione, all’inizio non capì cosa stava succedendo. Urlammo, battemmo i pugni contro la cupola d’acqua, per cercare di farla voltare, ma vidi soltanto le zanne del Marid che affondavano nei fianchi della ragazza.
Cominciarono a sgorgarmi le lacrime per la disperazione, avevo paura di non poterla più abbracciare, avevo paura che finisse tutto così presto. Avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarla, qualsiasi.
Costrinsi Mark a tenere pronto l’Oro Potabile non appena si fosse schiusa la protezione. Io e Edmund sferravamo colpi potentissimi, speravamo di poter irrompere in quel maledetto campo di battaglia, anche se sapevamo che sarebbe stato inutile provarci.
Intanto le due figure lottavano.
Kelly non voleva saperne di essere sconfitta, ma il Marid non si arrendeva facilmente.
Skyline era fuori dalla sua portata purtroppo, si trovava oltre il felino, e non poteva fare nulla per riprenderla.
Fortunatamente il mostro, agitando la coda violentemente, finì per dare un colpo all’asta magica, che si avvicinò notevolmente alla morbida mano dell’incantatrice.
Ebbe il tempo di impugnare l’arma e scaraventare il mostro dall’altra parte dell’emisfero, tra miliardi di scintille scarlatte.
Il nemico si rialzò a stento in piedi, ma Kelly non si fece trovare impreparata.
Il suo sguardo emanava più scintille dell’incantesimo precedente, e il suo coraggio non aveva più eguali. Avrebbe lottato fino alla fine, e il risultato poteva essere solo uno: la sua vittoria schiacciante.
La belva caricò per l’ultima volta.
Con un movimento fulmineo Kelly prese l’asta a due mani e la puntò contro il Marid.
Mentre saltava le sue zanne cominciavano a diventare di ghiaccio.
Dalla Skyline uscì una fiammata intensa, enorme, davvero incredibile vista la sua esperienza magica.
Era solo una novellina dopotutto.
Sciolse la bestia dal capo fino alla coda: non ebbe il tempo neanche di toccare di nuovo terra.
Stavolta era finita davvero.
Ora il suo sorriso, dopo aver avuto paura di perderla, valeva  ancora di più.
Il carillon nella tasca laterale del vestito finalmente si aprì, mostrando come punteggio 8.5/10. La cupola venne giù come si era innalzata, e la ragazza si accasciò dolcemente a terra, con il sangue che fuoriusciva dal fianco straziato dai morsi, con il sorriso sul suo volto stanco e felice.
Con il respiro che la abbandonava.

Capitolo tredici: Il quarto elemento

Alba, 2 Gennaio 1893, ?.

Ieri notte non sono riuscito per niente a dormire.
Gli strilli dell’uomo che avevamo visto ieri sera mi risuonano tutt’ora nella testa.
Sembra tutto un maledetto incubo.
Non sappiamo dove andare, cosa fare, cosa cercare.
Kelly ha scavato un buco nella parete con la magia, creando una piccola caverna, abbastanza grande da permetterci di riposare tranquilli.
Ancora ricordo il mostro di ieri.
Era totalmente concentrato sulla sua preda, probabilmente non ci teneva neanche in considerazione.
Il suo pelo era vitreo, rifletteva i colori circostanti, ma aveva la consistenza e la fluidità dell’acqua, come se gli scorresse addosso.
Gli occhi rossi simili a rubini incutevano terrore a chiunque.
Sapevamo però che saremmo riusciti a catturare il Dominatore dell’Acqua, una delle creature per cui eravamo entrati in questo mondo sconosciuto. Fra poco, quando Kelly e Edmund si saranno svegliati, partiremo alla volta della foresta, ma non so cosa ci potrebbe attendere.

Mattina, 2 Gennaio 1893, ?.

Appena attraversato il fiume, abbiamo avuto due sorprese.
Dietro di noi si era riformato l’incantesimo sciolto ieri, e ci trovammo di fronte alla solita spaccatura sul nulla, che aveva sostituito di nuovo il fiume.
Si vedeva però il cielo azzurro, lo stesso che si ergeva sopra le nostre teste.
Davanti a noi, come uno specchio riflettente.
Camminando per qualche metro notammo delle strisce di sangue per terra.
Erano di un rosso intenso, erano di sangue umano, di cui gran parte era già stato assorbito dal terreno.
Ma non fu l’unica cosa che scorgemmo.
Credevamo che presto avremmo trovato il cadavere straziato dell’alchimista, ma risaltò dall’erba del bosco solo il suo caratteristico camice marrone sporco di sangue, vicino a una pozza d’acqua.
Il vestito era molto lungo e sui bordi presentava strane decorazioni: riccioli dorati che si sviluppavano e si intrecciavano senza fine.
Dietro la manica era ricamato un simbolo che avevo visto spesso, un serpente che si mangiava la coda.
-Hai ragione, è proprio un alchimista. Ma come hai fatto a riconoscerlo subito?- mi chiese Edmund.
-Ho lavorato per un anno intero nel negozio di un alchimista, a Gingertown. Indossava lo stesso vestito di quest’uomo, con le stesse brillanti decorazioni, e sull’ insegna del negozio c’era lo stesso simbolo che c’è qui, per me non era difficile collegare. Quello che mi lascia davvero perplesso è questa pozza d’acqua, come diavolo ci è finita qui?
Poi capii.
-Edmund, Kelly, venite qui, guardate cosa ho trovato. Nella pozzanghera c’è un misto di sabbia, ghiaia e sale: quando sono insieme questi tre elementi possono sciogliere il ghiaccio ed evitare che si riformi. Se poniamo, per ipotesi, che il Marid sia composto di acqua e ghiaccio, deduciamo  che l’uomo è riuscito a scappare uccidendo il mostro che lo aveva attaccato. La sabbia e la ghiaia li ha trovati… qui- indicai la base di un grande albero, non lontano dalla pozzanghera- ma il cloruro di sodio non può essere stato messo lì che da lui, questo significa che cercando nel vestito… ecco qua! Ci sono tantissime tasche interne in cui sono  riposte tantissime piccole boccette con differenti sostanze: dalle etichette si leggono Cloruro di Sodio, Zolfo, Fosforo bianco, Calce spenta, Acido Cloridrico, polvere da sparo, c’è perfino una boccetta piena di Fulminato di Mercurio, mi pare che sia un potente esplosivo. Quest’uomo era ben armato, gli bastava lanciare una boccetta addosso ai suoi nemici per  difendersi, aveva anche altri elementi utili, ma non capisco perché abbia lasciato questo vestito.
-Lud, forse è meglio se portiamo il camice con noi, visto che è riuscito a scappare potrebbe averne ancora bisogno.
-Si hai ragione. Seguiamo le tracce di sangue, probabilmente arriveremo a lui.
Purtroppo erano più del previsto.
Aveva perso davvero moltissimo sangue, e stiamo cominciando a perdere le speranze di trovarlo vivo.

Primo pomeriggio, 2 Gennaio 1893, ?.

Lo abbiamo trovato.
Si trovava sopra al ramo di un albero, probabilmente aveva raccolto le ultime forze rimaste per mettersi al sicuro.
Lo abbiamo tirato giù per cercare di capire le sue condizioni.
E’ solo svenuto per fortuna, ma è pallidissimo e respira a malapena.
Ha graffi e morsi dappertutto, ma sono cosparsi da uno strano unguento: per terra, ai piedi dell’albero su cui si era arrampicato ho trovato una boccettina vuota su cui era scritto Oro Potabile.
Pensavo che questa sostanza fosse nota solo a chi cercasse la Quintessenza.
Kelly mi sta urlando di aiutarla a medicare il ferito e lasciar perdere di scrivere, continuerò dopo.


Tardo Pomeriggio, 2 Gennaio 1893, ?.

Finalmente si è svegliato. Kelly ci ha proibito assolutamente di tartassarlo di domande visto che era ancora debole, perciò ci ha fatto aspettare che si rimettesse del tutto.
Si stava scollando il composto di sali di oro e solfato ferroso dalle ferite, diventato ormai una sottile guaina aderente. In compenso le ferite erano scomparse quasi del tutto, cicatrizzandosi perfettamente.
Improvvisamente mi ricordai di quella che avevo sulla guancia e di quella che avevo fatto sulla fronte di Edmund quando combattemmo qualche giorno fa. Eravamo stati proprio degli stupidi.
L’uomo si è ripreso del tutto e ha ricominciato a parlare.
Le sue prime parole furono queste:- Datemi dell’acqua, ve ne prego.
La sua voce era rauca, aveva un tono molto basso, dettato probabilmente dalla stanchezza.
Kelly trasformò la sua piuma in Skyline e creò prima una coppa di vetro, poi la riempì d’acqua. Ora le bastava poco per utilizzare la magia, aveva raggiunto buoni livelli, e le  bastava pensare a cosa dovesse realizzare per fare qualcosa di sorprendente.
Edmund fu il primo a fargli delle domande.
-Sai dirci come ti chiami e da dove vieni?
Lui annuì.
-Il mio nome è Mark, vengo dalla casata dei Marian’hel, nel Silver Serpent State, e sono l’alchimista di corte nel castello di Ivory Kingdom.
-Forse ti chiedo troppo, ma sai dove ci troviamo? Puoi raccontarci qualcosa di te? O almeno, come sei arrivato qui? Non sappiamo nulla di questo posto.
-Non so dirvelo neanche io. Ricordo soltanto che poco prima di svegliarmi in una radura non lontana da qui pensavo di essere morto. Avevo da tempo una malattia incurabile che mi aveva colpito i polmoni. Era stata causata dalla lunga esposizione ai fumi tossici dei miei esperimenti: infatti, come alchimista, occupavo il posto di medico, ufficiale dell’esercito della sottosezione detonazioni e ricercatore di corte.
L’ultima reminiscenza della mia vita fu che persi i sensi dopo aver riposto la Panacea, la sostanza che curava tutte le ferite e le malattie, chiamato anche Oro Potabile, nella boccetta che avevo nel cappotto, ma ora l’ho finita tutta per curarmi e non me ne rimane neanche una goccia, e per di più ho lasciato la relativa formula nel laboratorio al castello, così sono totalmente esposto ai pericoli esterni. Dannazione!- batté la mano sulla corteccia dell’albero strappandone un bel pezzo- Non era così che doveva finire! Avevo trovato il modo di salvarmi, finalmente… Se solo avessi finito qualche istante prima, avrei potuto inalarne un po’ e salvarmi, ma ora mi ritrovo qui da settimane, senza uno scopo, senza un futuro! Cosa farò ora?
Cominciò a piangere silenziosamente.
Le lacrime rigarono il suo volto, sembravano non essere degne di toccare quel viso lucido, puro.
-Il mio nome è Ludwig, lei è Kelly e lui è mio fratello Edmund. Ti siamo grati per averci rivelato tutti questi dettagli, anche se ci hai appena conosciuti, ma, te ne prego, seguici, noi abbiamo un posto dove tornare e sappiamo anche come, potresti anche tornarci utile- dissi con un sorriso.
-No! Non posso. Non chiedetemi di fare una cosa del genere, io… non voglio, vi metterei in pericolo…
-Cosa dici? Come puoi metterci in pericolo tu, proprio tu che sei riuscito a difenderti così bene? Non ha senso quello che dici! -Si invece, certo che ha un senso. Io sono dannato. Da ufficiale dell’esercito ho ricevuto spesso importanti incarichi, ma non tutti erano semplici da svolgere. A volte mi chiesero di far crollare la case dei malfattori che avevano arrecato danno al Re, o anche quelle dei personaggi che gli erano scomodi. Quando qualche territorio veniva conquistato, avevo il compito di bruciare e distruggere tutti gli edifici che passavano solo il mio comando, erano gli ordini del Re, non potevo ribellarmi. Ah! Quanta gente innocente ho ucciso, non lo meritava, nessuno meriterebbe una morte cose, macellata dalle macerie, incendiata dalle esplosioni, intossicata dai gas. Ogni notte mi ritornano in mente tutte le loro voci imploranti perdono, che chiedevano di essere risparmiati. Ogni notte, ogni maledetta notte mi fanno impazzire, divento pazzo! Non riesco.. a sopportare… un tale peso… dovete… aiutarmi. Dovete Aiutarmi!- Urlò con tutta la forza che aveva in corpo.
Il suo respiro improvvisamente accellerò.
La voce era tornata quella del giorno precedente, stranamente acuta, da soggetto mentalmente instabile quale era.
Di giorno, un brillante scienziato; di notte un assassino maledetto.
D’un tratto sentimmo un fruscio da dietro un cespuglio e il suono di monete che cadevano al suolo.
La voce di Mark tornò normale e lui calmò.
-Scusatemi, il suono dell’oro, il principale composto usato nei miei lunghi anni di studi, è l’unica cosa che mi riporta alla realtà, ma mi gira ancora la testa…
Mentre Edmund lo fece sedere alle radici dell’albero, io mi avvicinai con cautela al cespuglio.
-Ragazzi, venite a dare un’occhiata- mormorai.
-Cosa c’è Lud? Ah, ora capisco!- Esclamò Edmund eccitato.
Prese in mano l’oggetto che si trovava per terra e lo mostrò a Mark.
Era lo stesso zaino che Lady Ivalovna ci aveva lasciato prima di scaraventarci in questo posto.
Dentro c’erano le stesse cose che avevamo noi più una delle piume di Ifrit.
-Hum, una piuma di un Ifrit, vero?- nessuno gli aveva rivelato il nome del grifone.
-Cosa significa di “un” Ifrit?
-Penna di argento cromata, si, questa appartiene alla corazza  di un Ifrit, il suo sigillo. Ogni Dominatore, quando è ancora sigillato, ha una corazza che gli impedisce di rivelare la sua vera natura.
-Ma se Ifrit è ancora sigillato questo significa che…
-Ludwig, quell’Ifrit che conosciamo noi, non può essere altro che la creatura che uccise Iris, lo sai?
-Sì, l’avevo intuito. Allora cosa si fa?
-Andiamo ad ucciderlo.
-Cosa? Stai scherzando? Quella creatura è rimasta al tuo fianco per tutto questo tempo! La conosci anche meglio di noi! Non puoi ucciderla!- gli disse la ragazza.
-Io lo faccio per Iris. Ha portato via la mia unica ragione di vita, e non posso non vendicarmi, la pagherà cara, quell’uccellaccio di merda.
Intanto Mark, frugando nella borsa trovò la scheda con i nostri stessi obiettivi e riconobbe subito il Marid. Una piccola luce celeste volò dall’interno della foresta verso un oggetto minuscolo che teneva nella mano. Il suo piccolo carillon si aprì con una dolce melodia, e una piccola insegna sopra un ingranaggio aveva incisi dei numeri: 7.5/40.
Aveva guadagnato 7.5 punti su 10, la sua prima cattura.
La sua piuma si trasformò con un bagliore dorato in un paio di guanti.
-Dei guanti? Che arma strana- commentò Edmund a braccia conserte.
-Questi non sono normali guanti. Guardate il simbolo sui polpastrelli!- Kelly indicò la punta delle dita su cui erano ricamati 5 simboli. 5 serpenti che si mordevano la coda.
Per terra si poggiò un foglietto di carta.
C’erano scritte queste parole :

Questi sono gli Ouroboros, i guanti della scomposizione elementare. Non funzionano con gli esseri umani, ma ti aiuteranno nelle tue ricerche. Li ho anche incantati per fare in modo che tu possa anche controllare la tua mente di notte, perciò usali bene. Lady I.

A Mark si illuminarono gli occhi di una luce immensa.
-Chi mai può volermi così bene da mandarmi un dono così ambito? I mitici Ouroboros! Non pensavo che esistessero davvero!
Si infilò i guanti e toccò una pietra che si trovava vicino a lui.
Questa immediatamente diventò polvere, scomponendosi nei suoi elementi chimici principali.
Rimase a bocca aperta.
-Ora ho di nuovo la possibilità di ricrearmi gli elementi che mi mancavano senza quelle dannate reazioni chimiche! E quelle monete d’oro… posso ricreare la Panacea! Oh, grazie, chiunque tu sia- chiuse i palmi delle mani come se stesse pregando.
-Ricreerò subito la Panacea, aspettatemi, penso di ricordare la formula!
Ed è così che entrò il quarto elemento nella nostra squadra.



mercoledì 26 ottobre 2011

Capitolo dieci: La seconda prova

28 Dicembre 1892, Villa di Lady Ivalovna, Archadia.



-Lud, è ora di alzarsi!

-Ehhhh, cheee?

-Dai, sono quasi le nove! Abbiamo la prima seduta di allenamento speciale!

-Ah, si, tra cinque minuti mi alzo…

-Ludwig Loodle! Alzati immediatamente da questo dannato letto!

No, non era esattamente il risveglio che mi aspettavo.

Cavolo, avevamo dormito insieme, per la prima volta, ci eravamo dichiarati, il nostro amore era sbocciato, ed eravamo arrivati già alla fase in cui la ragazza della mia vita si trasforma in una dittatrice arcigna? Devo essermi addormentato un bel po’.

Ha spalancato le finestre violentemente, un getto di luce mi ha accecato fin dal primo istante.

Però in tutto quel furore riuscivo a trovare un momento per pensare…

I suoi bellissimi capelli erano attraversati dalla calda luce del mattino, resi ancora più splendenti e infinitamente belli.

Non potevo non pensare di essere felice, anche se venivo sgridato.

Quella ragazza che avrebbe voluto volentieri picchiarmi, in quanto i cinque minuti erano finiti da un pezzo, mi sarebbe stata accanto d’ora in poi; la ragazza che ho sognato, che ho desiderato con tutte le mie forze, ora è mia.

-Dai sbrigati a vestirti, dovevamo essere all’entrata della villa già mezz’ora fa!

-Si, si, dammi un attimo ancora…

Mi sono alzato dal letto un po’ controvoglia.

Chi si sarebbe mai dimenticato della testa di Kelly appoggiata sul mio petto?

Oggi indosso i soliti vestiti, una semplice camicia bianca (è l’indumento che mi sta meglio, non uscivo mai di casa senza averne una addosso), il cappotto da viaggio che arrivava fino a terra e il mio cappello. Non lo avrei mai abbandonato a casa, valeva più della mia stessa vita.

Era l’ultimo ricordo che avevo di mio padre.

Ricordo ancora adesso.

Quando partì per il viaggio con mia madre lo lasciò appeso davanti al portone, lo presi e corsi dietro di loro, ma non feci in tempo.

Salirono sulla loro carrozza a vapore senza vedermi, io stesso non li rividi mai più.

Decisi di tenerlo con me e di non separarmene mai, forse un giorno avrei potuto restituirlo a mio padre.

La piuma argentata con inciso il nome “Avenger” era incastrata alla base del cappello, mi dava un non so che di intellettuale, mi donava molto. Ma i pareri personali e soggettivi non contano molto, di solito.

 

Scendiamo finalmente all’entrata.

C’è Lady Ivalovna che ci aspetta davanti all’enorme specchio che avevamo visto qualche giorno fa, sempre con il suo sguardo imperturbabile, inquietante. Immanuel ricalcava alla perfezione le emozioni della sua padrona.

Un tavolo davanti a noi metteva in bella vista due sacchetti di media grandezza, probabilmente contenenti delle provviste.

Ma a cosa ci servivano le provviste se ci trovavamo ancora all’interno della villa, con cuochi e cameriere pronti a soddisfare i nostri comodi?

-Oggi vi aspetta un allenamento un po’ diverso dai precedenti. Immanuel, illustra loro l’obiettivo.

-Signorini, vi prego di ascoltarmi attentamente. La prima prova che avete superato riguardava il Behemoth di Terra. Voi avete affrontato una copia che Lady Ivalovna ha creato per voi, all’unico scopo di saggiare le vostre abilità.

Questa volta vi aspetta qualcosa di leggermente diverso. Dovrete infatti andare a caccia di mostri. Mi spiego meglio.

Quest’enorme specchio che vedete davanti a voi non è altro che un portale magico, che consente di trasferire istantaneamente i materiali da questo mondo.

Voi dovrete catturare dodici creature, quattro ciascuno, utilizzando solamente i vostri poteri. Non vi è infatti concesso portare con voi le vostre armi, Avenger e Skyline, ma potrete aiutarvi con questi- ci porse due piume diverse, una forgiata dallo smeraldo per me, una di rubino per Kelly.

-Ma noi siamo solamente due, dovremmo combatterne solo ot…

-Queste- continuò Lady Ivalovna interrompendo la ragazza- sono piume create da me con la magia. Il loro funzionamento è identico a quello delle altre piume utilizzate da voi finora, ma vi aiuteranno a sviluppare maggiormente i vostri poteri.

Si trasformeranno nell’oggetto che per voi sembrerà più utile. Ma attenzione: potrete trasformarla di nuovo solo dopo aver catturato le bestie che dovrete riporre qui dentro, - ci consegnò due carillon- essi si apriranno soltanto quando avrete sottomesso definitivamente la creatura.

-In quel momento si apriranno i due carillon e i mostri verranno risucchiati al loro interno, tutto chiaro?- ci domandò Immanuel.

-E’ una competizione a punti perciò vi troverete ad affrontarvi faccia a faccia, in alcune situazioni. Ifrit darà il punteggio in base alla cattura più emozionante e al tempo impiegato.

-Ah, dimenticavo- riprese la padrona- lo specchio, una volta attraversato, ritornerà corporeo e non potrà essere sfruttato di nuovo a meno che voi non catturiate tutti gli obiettivi o scada il tempo, in quel caso la vostra prova fallirà.

-E, esattamente, quanto tempo abbiamo?- domandai, non senza cercare di nascondere una certa preoccupazione.

-Avete quattro settimane di tempo a partire da… ora!

Immanuel ci mise i sacchetti e una scheda con le descrizioni degli obiettivi in mano e ci spinse improvvisamente verso lo specchio.

Notai l’espressione di Kelly, a metà tra l’incredula e la divertita.

Sinceramente io non ci trovavo nulla di divertente.

-Ultima cosa, Edmund vi darà una mano.

-Cooooosaaaa?

Attraversammo, nostro malgrado, lo specchio.

Era gelato, dava la sensazione di esserci appena fatti un bagno, anche se eravamo completamente asciutti.

-Dai Lud non prenderla male- mi disse Kelly con il suo solito sorriso.

-Si, Luddino piccolino, non prenderla male. Vi sono mancato?

Non riuscii a fare altro che sbuffare.

-Eccolo qui di nuovo,- pensai- possibile che debba averlo sempre intorno? Spero che non mi intralci, altrimenti se la passerà brutta.

Dietro di noi lo specchio sembrava fatto di marmo.

Davanti a noi tre una immensa vallata rocciosa.

Quattro settimane insieme a Edmund, che il cielo mi aiuti.

La caccia comincia.

mercoledì 19 ottobre 2011

Capitolo nove: Unexpected changes


28 Dicembre 1892, Villa di Lady Ivalovna, Archadia.


L’Alba.

La stanza in cui ho dormito stanotte è illuminata dai raggi del sole che si sveglia, una sensazione indescrivibile, di quelle che vivi, che senti dentro, e che sai non ritorneranno più.

Pensare sempre e solo all’amore ci distrugge dentro.

Facciamo sempre in modo che la persona che amiamo sia al centro delle nostre attenzioni, sia il nostro mondo, è per questo che quando la perdiamo la nostra vita rimane vuota senza senso.

Con un braccio sotto la testa e con la piuma in mano, penso e scrivo.

Adoro svegliarmi prima, non per alzarmi dal letto in modo da poter eseguire i miei compiti, ma perché così ho tempo per pensare, che purtroppo non mi basta durante il giorno; la notte sono troppo stanco per fare qualsiasi cosa che sia diversa dal mettermi il pigiama e buttarmi sul letto.

Pensare a Kelly è diventato il mio hobby: ogni giorno ho cercato sempre il modo migliore per avvicinarmi a lei, a volte mi sono deciso a prenderle la mano, o anche solo prenderla a braccetto, ma c’è sempre stato Edmund intorno a rovinare tutto. Si vede lontano un miglio che le sta facendo la corte, è ovvio, e non mi piace per niente.

Abbiamo cominciato uno speciale addestramento con Lady Ivalovna.

Kelly ieri ha incontrato molte difficoltà nell’imparare a memoria tutte le formule, e lui era sempre lì, pronto ad aiutarla.

Mentre osservavo quei due, mi allenavo con un manichino trasformato da una piuma di Ifrit, che rimaneva sempre accanto a Lady Ivalovna quando non eravamo in viaggio, ma non ero molto concentrato.

Dovevo cercare di colpirlo il più forte e il più agilmente possibile, ma il miglior risultato che sono riuscito ad ottenere è stato quello di inciampare e sbattere la faccia contro quel “coso” di argento.

Ho provato più volte a lasciar perdere e andare loro incontro, ma ogni volta Edmund mi guardava con uno sguardo minaccioso, come se volesse dire che quello era il suo territorio.

Ma ero intenzionato a fargli cambiare idea.

Mi avvicinai al loro tavolo.

-Ehi, Kelly come procede lo studio?

-Non ti preoccupare Luddy Loo, qui ci basto io ad aiutarla- mi rispose Edmund con una cantilena insopportabile, ho sempre odiato i nomignoli.

-Simpaticone, Eddy Merdy- risposi con lo stesso tono di voce, come una sfida.

La colse al volo.

Si alzò dalla sedia violentemente, con uno sguardo minaccioso, ma a me non faceva paura, potevo benissimo contrastarlo.

-Ora basta, ragazzi, vi ringrazio per il vostro aiuto ma posso farcela anche da sola, dico sul serio, anzi dovreste allenarvi un po’ insieme, così calmate questi bollenti spiriti, d’accordo?-

-Perché no? Potrebbe essere divertente- dissi guardando fisso Edmund.

-Vediamo cosa sai fare!

Presi la piuma che tenevo attaccato al cappello da viaggio, che si trasformò immediatamente in Avenger.

Mi sembrava diversa. La sua aura era diventata nera e rosso fuoco, e sembrava bramosa di potere. Ciò non mi dispiaceva affatto.

La sua Polaris invece risplendeva di bianco e azzurro, ma vidi nei suoi occhi la mia stessa luce.

Iniziò il combattimento.

Edmund sparò due colpi dal fucile, mancandomi di parecchio.

-Ma come, tutto qui? Possiedi Polaris da mesi e non sai colpire un obiettivo a venti palmi dal tuo muso schifoso?

-Impara a non abbassare la guardia, pivello.

Mi girai appena in tempo per vedere i proiettili tornare indietro seguendo i movimenti della sua mano sinistra.

-Merda!- Esclamai urlando mentre sollevavo lo spadone, li parai per un pelo.

-Figlio di buonadonna! Attacchi alle spalle eh?

Mi lanciai verso di lui, menando fendenti a casaccio, sapendo che sarebbe servito a ben poco.

Risposta errata.

Sentivo un potere ben diverso da quello provato durante la prima prova, una voglia immensa di colpirlo, anche a morte, non me ne importava nulla.

Edmund cominciò a evitare i miei colpi, abbassandosi, rotolando, buttandosi per terra.

Riusciva a schivarli tutti, ma i suoi occhi facevano intendere che era preoccupato, sapeva che non sarebbe durato a lungo.

Pensando ciò, mi resi conto che potevo dimostrargli quanto valevo.

Aumentai la velocità delle sferzate, mi sentivo potente, fuori controllo.

Avevo un espressione irreale, quasi malvagia, ma sapevo che non era mia.

Mi fermai, inorridito al pensiero di quello che stavo facendo.

Stavo lottando contro quello che doveva essere mio compagno di avventure, mio amico, per gelosia. Non mi ero mai abbassato a tanto.

Purtroppo il vigliacco che avevo davanti non fece il mio stesso ragionamento e mi sparò a bruciapelo ferendomi una guancia.

Di riflesso, lo sfiorai con la spada sulla fronte.

Eravamo grondanti di sangue e stanchi.

-Ne ho abbastanza, non ho mai subito un oltraggio del genere alla mia persona, me ne vado.

-Ahahah, codardo, che c’è, hai forse paura di trovarti vicino a me un secondo di più? Non sei degno di viaggiare con noi, non sai neanche qual è il nostro obiettivo!

-Il nostro obiettivo è cercare i nostri genitori.

Salì le scale delle segrete accompagnato dal fruscio del suo mantello.

Fissai il vuoto per minuti interi.

Mio fratello. Lui era il fratello che non avevo mai conosciuto.

Kelly si avvicinò a me, chiedendomi spiegazioni.

Non ebbi la forza necessaria a raccontarle tutta la storia, di lui conoscevo solo qualche voce, e cioè che era morto subito dopo il parto, tre anni dopo la mia nascita, e pensavo che fosse solo una ridicola storiella raccontata dai bambini in città per darmi fastidio o farmi piangere. In fondo i miei non me ne avevano mai parlato.

-Andiamo fuori, ho bisogno di cambiare un po’ l’aria al cervello.

Ci siamo seduti su una panchina sotto al porticato della vecchia.

Edmund se ne era andato veramente, ci confermò Immanuel, portandosi appresso solo uno zaino con poche provviste e Polaris.

-Questo è il mio fratellino? Un ragazzino completamente diverso da me? Che odio fin dal primo momento in cui l’ho visto? Stavo benissimo da solo anche senza di lui! Perché i miei hanno pensato di fare un altro figlio? Non bastavo io?

-Forse pensavano che da solo ti saresti annoiato, avevi bisogno di qualcuno con cui giocare no?- mi rispose Kelly con il suo sorriso raggiante.

-Mah, a me pare che abbia portato solo guai finora.

-Può anche darsi, ma a me è piaciuto il modo in cui lo hai sfidato.  Ma ora dimmi la verità, eri davvero geloso di me?

Mi si formò un nodo in gola. Smisi quasi di respirare. Pensavo solamente “ e ora che dico, e ora che dico, e ora che dico…” all’infinito. Una goccia di sudore scese lungo la mia fronte.

Allargai le braccia sullo schienale della panchina, cercando di imitare il modo di fare di Edmund, e con la sua stessa voce dissi: -Difficile non essere gelosa di una bella ragazza come te, non credi?- e accennai un’occhiolino.

Lei rise.

Mi resi conto che nel modo in cui mi ero seduto il mio braccio sinistro era molto vicino alle sue spalle, e arrossii subito.

Pensai “Ormai abbiamo fatto trentanove, facciamo quaranta!”, e mi avvicinai a lei.

Lei si strinse forte a me, si accoccolò tra le mie braccia, ci guardammo fissi negli occhi, pochi secondi, che bastarono a farmi quasi svenire.

-Lo sai che sei proprio stupido?- mi disse lei senza smettere di sorridere, ma anche lei era arrossita violentemente.

Tutti e due capimmo che c’era qualcosa che doveva succedere ora, e non poteva essere rimandato.

Un’ultimo sguardo, molto intenso, e ci baciammo.

Fu una sensazione incredibile, sentire insieme il calore dei sentimenti e l’umidità delle sue labbra, il battito accelerato dei nostri cuori e i respiri quasi inesistenti.

Eravamo diventati una cosa sola, e ora ero felice.

“Alla faccia di Eddy Merdy” pensai ridendo tra me e me.

Tutto questo è successo solamente ieri, e ancora stento a crederci.

E’ l’alba, ci aspetta la seconda prova, e ancora addormentata sul mio petto c’è Kelly, con il suo viso angelico e il profumo dei suoi capelli scarlatti a cambiarmi la vita.

mercoledì 12 ottobre 2011

Capitolo otto: La prima prova

26 Dicembre 1892, Pianura di Doyn, Archadia.

 

Ricordo solo vagamente come andarono i fatti quel giorno. Cercherò di ricostruirli sforzandomi il più possibile.

 

Dotato di forza e coraggio inusuali per il mio carattere abituale, ero convinto che nulla sarebbe riuscito a sconfiggermi.

Il primo salto mi portò sulla sua coda, più grossa di una carrozza, e mi permise di raggiungere, arrampicandomi sulla sua schiena irta di rocce, la sua spalla. Un ultimo scatto e raggiunsi la sommità della testa. Lo spadone che avevo posto sulla schiena era di dimensioni decisamente maggiori alle mie possibilità, ma il suo peso non mi sembrava cambiato da quando era ancora una piuma.

Lo sollevai oltre la mia testa, ero pronto per colpirlo mortalmente, dopo aver scoperto una fessura di carne non coperta dalle quattro maestose corna verticali, improvvisamente fui scaraventato giù da una sua manata.

Mentre precipitavo da venti metri di altezza, vidi con la coda dell’occhio Kelly. Aveva gli occhi bianchi ed era sollevata a pochi centimetri da terra, mi accorsi che la sua asta non era bianca ma formata da un vortice di colori.

Stavo per toccare terra.

Improvvisamente un enorme cuscino d’aria mi trattenne a pochi palmi dal suolo, mi girai e vidi che Kelly stava guardando me.

-Dunque può usare la magia, affascinante- pensai.

-Attento Lud!

Un immenso risucchio di aria precedette un urlo mai sentito prima.

Era di una tonalità bassissima, impossibile da riprodurre.

Sentii il corpo che vibrava.

L’onda d’urto che si propagò dalla bocca del Behemoth fu talmente potente da scaraventarci parecchi metri più addietro.

Non appena il drago gigante smise di urlare ci rendemmo conto di quanto eravamo svantaggiati.

Io vedevo tutto sfocato, mi girava la testa e le orecchie fischiavano impazzite. Kelly, poco più indietro di me, aveva perso i sensi. Vidi di nuovo in controluce il Behemoth di Terra nella sua grandiosità.

La sua ombra ci invase di nuovo.

Cominciò ad avanzare velocemente sulle sue gambe grosse e tozze.

Non avevo più forze per combattere. La mia spada era tornata di nuovo una piuma, la presi tra le mani, ma non si ritrasformò.

Il terrore si impadronì del mio corpo.

Il Behemoth alzò braccio.

I suoi occhi blu tempesta mandavano scintille, volevano dire “non potete nulla contro di me”.

E forse era davvero così.

Alzò due dita verso l’alto tenendo la mano ferma e si alzò un macigno enorme dal terreno.

Si formò un cratere nel terreno.

Il Behemoth prese il macigno con le due braccia e lo lanciò verso di noi.

E’ tutto quello che ricordo.

 

 

 

Sera, 26 Dicembre 1892, sulla strada verso Kaleb, Archadia.

 

Mi svegliai davanti alla porta della reggia di Lady Ivalovna.

Io e Kelly eravamo totalmente storditi, non capivamo come eravamo finiti lì.

Ci accolse Immanuel, il maggiordomo.

-Deduco che la prima prova non sia andata molto bene vero?

-Quale prova?- chiesi a Immanuel.

-Ah già, ancora non sapete nulla a proposito. Vi prego di seguirmi.

Entrammo di nuovo nella reggia.

Nel centro della stanza era posizionato uno specchio rettangolare che arrivava da una parte all’altra dell’atrio.

-Oh, scoprirete dopo a cosa serve quello specchio. Lo ammetto, sapevo che non ce l’avreste fatta. Diciamo che era più una specie di test per conoscere le vostre abilità nascoste.

Lady Ivalovna si trovava a un’angolo della stanza seduta di spalle su una poltrona di pelle davanti al camino acceso con un bicchiere di vino rosso in mano.

-Devo dire che mi aspettavo molto peggio, siete due ragazzi dalle incredibili capacità. Tu, Ludwig, possiedi un potere particolare: il tuo spadone è infuso dei quattro elementi, e puoi maneggiarli a tuo piacimento. Il tuo spadone, Avenger, non può essere portato da chiunque.

Una persona normale risentirebbe del suo peso come gli altri, non sarebbe maneggiabile. Invece Ifrit ha scelto la relativa piuma per te. Solo chi ha vissuto a lungo nell’ombra ed è invaso dalla voglia di vendetta può utilizzarla… però fai molta attenzione: se dovessi cambiare idea non avrai più la possibilità di impugnarla, tornerai ad essere un uomo normale.

Kelly, invece tu possiedi la Skyline, un’asta magica molto potente, anche tu puoi utilizzare tutti e quattro gli elementi ma per ora non conosci neanche le basi per utilizzarle.

Mentre combattevate sono entrata nella mente di Kelly per effettuare quella magia, altrimenti sarebbe potuta finire male.

-Ecco perché aveva gli occhi bianchi- pensai tra me e me.

-Comunque, ora che ho finito di spiegarvi le cose più importanti posso rivelarvi i miei veri propositi. Infatti nei sotterranei di questa reggia ho fatto installare un’arena di allenamento per tre persone.

-Ma noi siamo solo due, chi è il terzo che si allenerà con noi?

-Vieni Edmund, saluta i tuoi nuovi compagni-

-Buonasera gente!

-Lui è stato scelto da Ifrit mesi fa, perciò è più esperto di voi. Utilizza un fucile, Polaris, con pallottole magiche, in grado di indebolire l’avversario in modi diversi. Ad esempio accecandolo o addormentandolo, ma lascio a voi il piacere di scoprire gli altri.

Premetto, questo nuovo personaggio mi da già parecchio fastidio. Si è presentato come se fosse il ragazzo più forte sulla terra, spavaldo, con il mantello che toccava terra, il suo aspetto non mi piaceva, il suo carattere non mi piaceva, ero sicuro che avrebbe portato solo problemi.

Purtroppo Kelly non la pensava come me.

Guardava la sua barba curata, i suoi occhi verdissimi, i suoi vestiti dell’alta aristocrazia con profonda ammirazione.

All’inizio non mi preoccupai molto della reazione di Kelly, ma poi, riflettendo bene, pensai che effettivamente Edmund avrebbe portato parecchi problemi.

Era tutto il contrario di me: non era timido, ma molto estroverso (odio ritornare con la mente al momento in cui baciò la mano di Kelly, sicuro di sé, mentre lei le sorrideva), vestiva abiti nuovi e alla moda, cosa che io non potevo permettermi visto che non avevo molti soldi, probabilmente aveva anche una famiglia agiata, cosa che sarebbe ritornata utile a Kelly nel caso in cui si fossero sposati, io invece non avevo nulla da offrirle. Nel momento in cui lei gli sorrise mi crollò il mondo addosso.

Avevo capito che non avevo speranze, che tutto quello in cui credevo da giorni sarebbe potuto finire da un momento all’altro.

Poi si avvicinò piano a me e prendendomi a braccetto mi disse all’orecchio: -Ehi Lud, questo tizio mi sembra simpatico, ma non mi pare il caso di fidarci troppo, tu intanto rimani il più vicino possibile a me.

Mi fece l’occhiolino.

Ci sono questi momenti che riescono a farti dimenticare tutti i problemi, riesci a non pensare a nulla tranne che a te stesso: capisci cosa hai sbagliato, capisci cosa hai fatto o cosa non avresti dovuto, a volte capisci anche cosa dovrai fare, per ricominciare a stare bene esattamente come prima che tutto iniziasse, o finisse.

mercoledì 5 ottobre 2011

Capitolo sette: Un nuovo potere

26 Dicembre 1892, Pianura di Doyn, Archadia.


Tramonto. Un incantevole tramonto. Vorrei non dovermi mai allontanare da questo posto stupendo, rimanere qui, da solo, con la mia amata, chissà, magari un giorno ci sposeremo, avremo figli, faremo costruire qui la nostra casa e saremo felici. Purtroppo non sempre essere ottimisti equivale ad essere realisti.

Mi lego i miei capelli lunghi e indomabili, con questo leggero venticello diventano fastidiosi.

Siamo seduti vicini.

Io e la ragazza che amo, siamo seduti vicini, e non posso fare nulla per renderla mia.

L’ombra dell’enorme quercia che sovrasta quest’incredibile paesaggio rinfresca e rilassa, guardare la danza dei pollini che volteggiano in aria mi rende sereno, ma di una serenità malinconica, triste.

Dopo aver poggiato il mio sporco cappello da viaggiatore sul mio viso, provo a far finta di riposarmi, ora ho l’occasione di ammirare Kelly senza arrossire, senza distogliere lo sguardo.

I suoi capelli rossi danzano armoniosamente seguendo il movimento dei pollini, i suoi capelli al vento le donano una bellezza divina. Cosa non farei per accarezzarli, per guardarla fissamente negli occhi anche solo una volta, sapendo di essere fissato a mia volta, vorrei leggere i suoi pensieri, sapere cosa prova per me, tentare di avvicinarmi e…

Un desiderio. Se avessi un solo desiderio da esprimere urlerei al mondo il mio amore per te e chiederei di essere il tuo sposo, ma non ho questa opportunità.

-Dai Ludwig, sta facendo buio, è ora di alzarsi!- esclamò la mia adorata balzando in piedi e spolverandosi i vestiti,

-dobbiamo rimetterci in marcia!

Già, dobbiamo partire.

Ifrit, che aveva adagiato il capo piumato sulla mia gamba, stava riposando, sembrava un fedelissimo cane da compagnia. Leggermente diverso dal normale.

Tra uno sbadiglio e uno stiracchiamento, mi alzo utilizzando una forza di volontà sovrumana, che avrei volentieri utilizzato per rimanere lì ancora un po’.

Raccogliere lo zaino e ricominciare a camminare non fu mai così difficile.

Kelly non parla molto, ancora non abbiamo preso molta confidenza, ma i nostri progressi si vedono. Scherziamo più del normale, cerco di farla ridere il più possibile, è così che passiamo liete giornate.

Ci siamo fermati per qualche minuto ad un laghetto dopo due ore di cammino. Procedevamo piuttosto lentamente, ma la cosa non ci dispiaceva.

Ci eravamo ristorati con quell’acqua freschissima, ci divertivamo a lanciare sassi sull’acqua e a farli rimbalzare, ma a un certo punto lei scivolò, io la presi per un braccio, si aggrappò a me, successe tutto in un secondo.

Ci guardammo negli occhi, ci fissammo intensamente per minuti interi.

Ci allontanammo l’uno dall’altra con fare imbarazzato, io tossicchiavo, non sapevo come rompere il ghiaccio che si era riconsolidato alla perfezione. Dopo tutto il tempo che ci era voluto per scioglierlo. Dannazione.

-Ehm.. Grazie Lud, non avevo nessuna voglia di farmi il bagno proprio ora-

-Fi...figurati- balbettai come non avevo mai fatto in vita mia, proprio perché era stato il momento più intenso della mia vita. Quella strana elettricità che era passata attraverso i nostri occhi, correndo all’impazzata dai miei ai suoi occhi, aveva lasciato intendere molte cose, e noi ce ne eravamo resi conto, anche se non volevamo lasciarlo intendere.

-Penso che dovremmo accamparci qui vicino, così avremo modo di lavarci con l’acqua fresca domani mattina, però dobbiamo accendere un fuoco, non sappiamo ancora quali bestie potrebbero venire a farci visita stanotte.

-E esattamente, dov’è che vorresti prendere la legna?- dissi a Kelly scherzando.

-Ah, già, non sono molto pratica di queste cose.

-Ma mi pare piuttosto ovvio, cioè…- è proprio in questi momenti che dovrei imparare a chiudere questa maledetta bocca, fare la figura del saputello era l’ultimo modo per conquistarla.

Purtroppo non fu il mio autocontrollo a zittirmi.

Rimanemmo a bocca aperta.

Udimmo un fruscio.

Poi un boato improvviso.

Il rumore della terra che si smuoveva.

L’erba, alta fino alle ginocchia, si muoveva violentemente, e il vento si era allontanato già da un bel pezzo.

Non avevo la forza di girarmi, Kelly era di fronte a me, riuscii a leggere solo un misto di terrore e disperazione nei suoi occhi. Poi la luce del sole fu oscurata da un’ombra enorme che avanzava lentamente e si erigeva prima dietro di me, poi superava i miei piedi, arrivando fino al laghetto, diversi metri più avanti.

Cautamente mi girai e poco mancò che svenni.

Non sapevo cosa avevo davanti a me.

Una figura enorme, maestosa, in controluce vedevo solo i suoi contorni, ma sapevo che avrei avuto ancora poco tempo per fuggire.

Non so per quale motivo, sotto l’influsso di quale forza, rimasi fermo immobile, chiusi gli occhi, avvicinai i talloni, distesi i muscoli e aprii le palme al cielo.

Improvvisamente sentii qualcosa di pesante e di caldo che mi si adagiava sulla mano anche se di piccole dimensioni, simile a una piuma, ma più pesante del normale.

Aprii gli occhi e sulla mia testa scorsi la figura volteggiante di Ifrit nel cielo, che girava intorno all’essere enorme che avevamo davanti.

Nelle mie mani avevo una delle piume argentate di Ifrit, che aveva lasciato cadere di sua spontanea volontà tra le mie mani.

Mi girai e vidi che a Kelly era successa la medesima cosa.

A un certo punto le due piume brillarono e si allungarono oltremisura, lasciando spazio agli ultimi due oggetti che ci saremmo mai immaginati: un’asta che emanava una luminescenza bianca per la ragazza, uno spadone permeato da un’aura rosso fuoco per me.

Davanti a me si ergeva ancora il mostro enorme, ma ora si intravedevano i suoi riflessi dorati misti a scaglie color terra bruciata, delle enormi ali imponenti, artigli affilati, denti aguzzi, una coda smisuratamente lunga e possente.

Una strana forza mi invase, una grinta sovrannaturale, un’energia che non aveva nulla a che fare con il mio corpo, ma che dipendeva interamente dall’aura della spada, la quale aveva completamente avvinghiato il mio braccio, diventato fiammeggiante.

Ma non avevo caldo.

In quel momento capii cosa avrei dovuto fare.

Gamba destra avanti, spadone alzato con le due mani sopra la testa, feci forza sul piede destro e balzai in avanti, pronto ad assalire il Behemoth di terra.

martedì 6 settembre 2011

Capitolo sei: L'obbiettivo

26 Dicembre 1892, sulla strada verso Kaleb, Archadia.


  Indescrivibile. Indescrivibile l’emozione di quell’istante, niente avrebbe potuto distrarmi in quel momento.

Un lago. Un lago capace di risvegliare la mia anima, i miei pensieri.

L’acqua cristallina permetteva di guardare in profondità e di riflettere i colori del mondo.

Kelly era più raggiante che mai, sprizzava felicità trasmettendo le sue emozioni a tutto ciò che toccava e che le stava intorno, me compreso.

Abbiamo deciso di prenderci una pausa durante il cammino, il caldo era terribile e l’unica via di salvezza era l’ombra di qualche albero. Ci siamo rilassati, abbiamo parlato, ci siamo guardati.

Indescrivibile anche questo momento. Attraverso i suoi occhi sono riuscito a scoprire un nuovo mondo, sentimenti puri, innocenti, che nessun altro possedeva. Una risata, una battuta, una smorfia, acquistavano il senso profondo che prima non ero abituato a dar loro.

Il suo vestitino turchese svolazzava grazie a un leggero venticello che le accarezzava i capelli, mi chiedevo quanto sarebbe durato tutto questo, quanto tempo ci avrebbe messo a guastarsi tutto.

Le nuvole cambiavano velocemente direzione, il sole cominciava a scomparire e il paesaggio a cambiare, tutto diventava tetro, e l’emozione di una giornata sparì in un attimo.

Le querce cambiavano aspetto, proiettavano ombre cupe e sinistre, ma non erano le sole.

Non siamo riusciti a trattenerci un secondo di più, avevamo un compito che ci attendeva.

La dimora della vecchietta si trovava esattamente a metà del tragitto tra Neval e Kaleb, poco dopo il lago. Durante il giorno sarebbe sembrata un’adorabile reggia, ma dopo che tutto era diventato buio rispecchiava completamente il territorio circostante. Tutto era strano.

Le finestre scure non permettevano il filtrare della rara luce della luna, la tinta esterna color avorio aveva perso la sua bellezza originaria, mista al verde delle piante che si arrampicavano sulla fiancata. Il portone era maestoso, segno di una grandezza antica, caduta in disgrazia con il tempo.

Non abbiamo fatto in tempo a toccare il campanello che la porta si aprì da sola.

Dall’altra parte c’era un giovane dall’aria antipatica, con la puzza sotto il naso, con i baffetti all’inglese di classe aristocratica, ma il suo aspetto poteva essere definito decisamente  inquietante.

Io e Kelly ci scambiammo uno sguardo interrogativo, e ci decidemmo a parlargli. Esattamente nello stesso momento in cui apriva bocca.

-Posso fare qualcosa per voi signori?

-Beh si, mio fratello ci aveva consigliato di passare qui e…

-Tranquillo Immanuel, lasciali passare, so già tutto. Prego, accomodatevi.- parlò all’improvviso un’anziana signora dall’altra parte della stanza, mentre scendeva dalle scale.

Non so dire se fossi più incantato dalla maestosità dell’atrio o dalla compostezza della signora. L’interno era completamente diverso da come me lo aspettavo, ben illuminato, caldo, accogliente, ciò di cui avevamo bisogno, ciò che speravamo, ma non immaginavamo.

-Mi chiamo Lady Ivalovna, e sono la proprietaria di questa reggia, lui è Immanuel, mio fedele servitore. So perché siete venuti qui, Korm mi ha già contattata. Oh, non chiedetevi come abbia fatto, abbiamo i nostri mezzi.

Io e Korm ci conosciamo da lungo tempo, ma ancora non abbiamo acquisito molta confidenza. Io lo sto aiutando a trovare i tuoi cari genitori- mi rivolse uno sguardo malefico- solo perché sono l’unica che ne ha l’opportunità. Sappiate che da ora in poi io vi seguirò sempre nel vostro viaggio anche se non sarò con voi.

Durante tutto il suo discorso non siamo riusciti neanche ad aprire bocca, tale era il nostro stupore davanti alle due figure ossute.

Fissandoci neglio occhi, io e Kelly abbiamo avuto una delle nostre non rare conversazioni telepatiche:

-Lud, secondo te dobbiamo fidarci di questa tizia? Secondo te è davvero affidabile come ha detto lo zio? O dovremmo cercare di tenerci alla larga?

-Secondo me dobbiamo ascoltarla senza darle troppa confidenza, ancora non sappiamo se è davvero dalla nostra parte, d’altronde tuo zio ancora non ha confidenza con lei, lo ha detto lei stessa!

Tutto questo in un battito di ciglia.

-Bene, sembra che vi abbia convinto. Ora ho qualcosa da dare ad ognuno di voi due, dopodiché le nostre strade si separeranno temporaneamente, voglio solo che mi promettiate una cosa, che non abbandonerete per nessun motivo i vostri obbiettivi e il vostro viaggio, chiaro? Siete gli unici che possano trovare i due dispersi, e vi dirò di più, non sono gli unici.

Oltre a loro scomparvero altre 13 persone, di cui non conoscete l’esistenza, ma le cui informazioni potranno portarvi alla fine del vostro percorso.

Il 21 Luglio del 1886 i vostri genitori intrapresero un lungo cammino tra mari e continenti. Dopo l’incidente con il Galkimasela decisero di scrivere un libro, un libro speciale. Un bestiario, in cui sarebbero state raccolte tutte le informazioni necessarie alla sopravvivenza nelle lande desolate e non ancora esplorate della Terra.

Avevano sofferto tanto per quella creatura e avevano sentito di altri attacchi, alcuni comuni, alcuni rari, che avvenivano in diversi luoghi del mondo, non volevano che altra gente soffrisse.

Scrissero buona parte del libro, ma mancavano ancora parecchie creature sconosciute.

Le prime di questi sono i quattro Behemoth Polimorfi, bestie leggendarie capaci di dominare i quattro elementi Aristotelici, Fuoco, Aria, Terra, Acqua.

Incontrarono il Behemoth Polimorfo d’acqua durante uno dei loro numerosi viaggi marittimi. Di loro non sappiamo più nulla tranne questo…- mi porse un frammento di quaderno spiegazzato e messo a dura prova dall’acqua, ma stranamente ancora intatto.

-Questo è un pezzo del libro che scrissero i miei!

-Esatto, ma è tutto quello che rimane del libro, leggi cosa c’è scritto dietro.

Sul retro della pagina c’era una scritta quasi illeggibile, creata in fretta e furia, macchiata di sangue. Recitava queste parole: Tu che st…ai leggendo qu…esto messaggio, ci sono 1…5 persone naufr…agate su un arcipe…lago scono….sciuto, le coordinate sono …………, abbiamo bisogno di aiut..o urgent….e

-Il messaggio fu inviato alla deriva su una zattera il 3 gennaio 1887 e ritrovato da me il 14 giugno 1890 sulla riva del lago che si trova qui vicino, lo presi, lo lessi, e all’inizio non credetti che ci sarebbe potuta essere qualche probabilità di tirarli fuori vivi. E’ stato Korm, che ho contattato dopo varie ricerche a farmi cambiare idea. Si fidava ciecamente di quei due, e non era disposto a perdere la speranza.

E’ venuto il momento di darvi ciò che vi spetta. Kelly, a te riservo questa, una mappa speciale, qui sono segnate tutte le tappe del viaggio dei vostri genitori, l’avevano persa poco prima di prendere il traghetto e naufragare a causa del Behemoth.

A te invece, Ludwig, lascio un mio fedele compagno, spero solo che non vi spaventiate troppo.

Dalla finestra si librò nella camera un essere bellissimo. All’inizio non ero riuscito a distinguere i contorni, tanto era brillante.

Quando si posò a terra quasi cacciati un urlo di spavento. Quella che credevo fosse un’aquila enorme era un grifone, un esemplare unico mai visto prima. Le ali e il corpo erano dorate e sembravano cariche di forza e di vigore, le zampe e le piume emanavano riflessi argentei, simboli di ragione e equilibrio.

-Il mio amato alleato ha molte qualità nascoste, tocca a te scoprirle e sfruttarle a tuo vantaggio, ti do solo un aiuto, il coltello con il quale Korm sconfisse Galkimasela, era stato forgiato con le piume di questo grifone. Và, Ifrit, accompagnali durante il loro cammino, e tienimi aggiornata sui loro progressi- disse rivolta al grifone, accarezzando le sue ali piumate.

-Il vostro obbiettivo è svolgere tutte le tappe del viaggio di Larissa e Lorenz, ricostruire tutte le informazioni andate perdute delle creature, e ritrovarli.

-Guarda, la prima tappa è la pianura di Doyn, possiamo arrivarci con qualche altro giorno di marcia!- esclamò Kelly estasiata.

-Oh cara, non ce n’è affatto bisogno. Immanuel, accompagna all’uscio i nostri ospiti, sai cosa intendo.

L’uomo aprì di nuovo il portone, facemmo in tempo a scendere dal porticato e a salutare Lady Ivalovna che lo scenario cambiò di nuovo, stavolta drasticamente.

Ci girammo, la casa era sparita, ma avevamo una sorpresa davanti. Eravamo arrivati alla pianura di Doyn, eravamo pronti, equipaggiati e motivati, eravamo carichi di energia e con un nuovo compagno accanto, avevamo le idee chiare, ora niente ci avrebbe fermato.

lunedì 15 agosto 2011

Vivete, Amate, Ricordate, Desiderate, Maturate, Sfogatevi, Donate.

Vivete! Tutto ciò che si prova, piangendo o sorridendo, è da vivere!

Amate! Tutto ciò che è intorno a noi ci fa vivere davvero!

Ricordate! Tutto ciò che vivete deve rimanere marchiato a fuoco nella mente!

Desiderate! Tutto ciò che vi manda avanti è frutto dei vostri desideri!

Maturate! Tutto ciò che vi arreca danno vi fa crescere ogni volta di più!

Sfogatevi! Tutto ciò di cui avete bisogno per consolarvi è già posto in voi!

Donate! Tutto ciò che non è necessario per voi, fa vivere qualcun altro.

Sciocche considerazioni.

Un mondo senza falsità è un'utopia, un mondo senza verità è una bugia.

Gli ultimi momenti di follia.

Questi momenti in cui vorresti solamente essere con te stesso, vorresti pensare al nulla o non pensare al tutto. E poi ti rendi conto di ciò che hai sottovalutato finora.

Il tuo battito cardiaco. Un fruscio. Il cinguettio degli uccelli. La brezza notturna. Lo scricchiolare del pavimento. Il fragore di una cascata. Il rombo delle auto. Un martello pneumatico. Il battere i tasti di un pianoforte. Un oggetto che cade. I ticchettii di un'orologio. Un bambino che piange. Una porta che cigola. L'amico che ti chiede aiuto. La madre che urla e di nuovo il tuo battito cardiaco.

Ti rendi conto che tutto ciò che è intorno a te è musica, ritmo irrefrenabile, basta ascoltare. E comprendere ciò con cui si viene a contatto. Ma è troppo tardi.

Poi, il nulla.

Capitolo cinque: Piacevoli tormenti

26 Dicembre 1892, Neval, Archadia.



Quella fu probabilmente una delle giornate più importanti degli ultimi tempi.

Capii molto di ciò che era successo in passato e di ciò che avrei dovuto fare in futuro.

La mia narrazione riparte.

 

-Si Ludwig, tu non lo sai, ma io ti conosco molto bene. Ti lascio nelle mani di mio fratellino, appena sarai stato medicato per bene, avrai le risposte che da tanto cerchi.

-Ma io non capis...

-Ora… farà…un po’… male…- mi zittì Ken scandendo violentemente le parole mentre teneva l’ago.

Brandiva l’ago per la sutura come se fosse un’arma letale; lo fissai con aria terrorizzata, non perché lo fossi veramente, ma per cercare di fargli capire di usare la maggior cautela possibile, avevo bisogno di sentirmi sicuro, non in pericolo. Soprattutto perché ero in ansia di sapere come facesse quell’uomo a conoscermi. Non mi ero mai fidato troppo di questo tipo di dottori.

Infilò l’ago bucandomi la pelle.

Pensavo di cominciare a urlare come un bambino, e probabilmente lo avrei fatto, se solo avessi provato dolore.

-Se ti stai chiedendo perché non ti fa male, ti stai ponendo la domanda giusta, e so come risponderti. Per il forte impatto hai perso la sensibilità in quella zona della testa, e non sentirai dolore ancora per alcune ore. E’ un aspetto affascinante della medicina- affermò con i denti bianchissimi scoperti- non molti lo sanno, è per questo che sono terrorizzati alla vista degli oggetti affilati.

-E’ davvero strano, non avrei mai immaginato una cosa del genere, d’altronde è la prima volta che do una botta del genere…

-Ecco qua, come nuovo, ti conviene ripassare fra qualche giorno, quando la ferita si sarà richiusa e non sarà più fresca, così avrò modo di finire la medicazione e toglierti i punti; ora vai, penso che mio fratello abbia qualcosa di importante da dirti.

-Grazie signore, posso ricompensarla in qualche modo?

-Tranquillo ragazzo, è cosa da poco, ora và, non farlo aspettare, fra poco dovrà tornare al lavoro!

Trovai Korm intento a lavorare una sculturina di legno con un coltello ricurvo, abbastanza affilato.

-Un bel passatempo, davvero un bel passatempo… sfrutti il cervello, e hai anche lo spazio per pensare… proprio un bel passatempo- mi sussurò l’uomo.

-A tutti piace avere il tempo per pensare, e sfruttare la creatività è molto importante per noi, pochi però sanno che la vita ha un senso solo se sfruttata appieno, secondo me per raggiungere la felicità bisogna mettere a frutto ciò che abbiamo a disposizione per produrre qualcosa di creativo, e cercare sempre di superare i propri limiti. Se non fosse così la nostra vita sarebbe vuota e senza senso, distrutta dalla routine giornaliera.

-Mi piaci ragazzo, interrogarti su questioni così profonde già alla tua età, e cercare di raggiungere la felicità anche se hai perso i tuoi cari genitori. Sai, mi sembra strano che tu abbia preferito dedicarti a queste attività invece di cercare di capire cosa sia successo davvero in tutto questo tempo. Non te lo sei mai chiesto?

-Semplicemente ho cercato di dimenticare per andare avanti… All’inizio, sì, all’inizio mi sono posto molte domande, parenti che non conoscevo venivano a visitarmi per raccontarmi l’accaduto, per confortarmi, per offrirmi una casa. Allora avevo 15 anni, e avevo già capito tutto. Non ho mai desiderato l’aiuto di nessuno, non ne avevo bisogno. Perché avrei dovuto desiderare l’aiuto di parenti che non conoscevo, gente che era saltata fuori solo quando le era più comodo, per avere non una bocca in più da sfamare, ma due braccia in più per lavorare. Sapevo fin dall’inizio che sarei stato sfruttato, che nessuno avrebbe riconosciuto i miei veri diritti… Patrigni e matrigne brutti, cattivi e aggressivi? No, non ne avevo bisogno… Ho preferito rimanere nella mia casa, con le mie cose, anche se era tragicamente vuota.

Ho smesso di pensare a ciò che avevo perso dopo qualche mese, la fatica nel curare l’orto e nel cercare qualche lavoretto per pochi spiccioli mi distruggeva alla mia età, non avevo il tempo per riflettere, né le forze; era allora che avrei avuto bisogno del suo passatempo- indicai la statuetta con un sorriso- ero consapevole che non sarei potuto andare avanti così per molto tempo, avevo già buttato sette anni della mia vita ripetendo le stesse azioni ogni giorno, ero stanco di scappare dai problemi, dovevo affrontarli. Ho intrapreso questo viaggio anche nella speranza di capire cosa era successo ai miei genitori, la loro scomparsa era troppo sospetta.

-Esatto, hai colto nel segno. La loro scomparsa è tuttora troppo sospetta, ed io li conoscevo bene. I signori Loodle erano miei amici da lungo tempo… Sai dove ci siamo incontrati la prima volta? Sulla stessa riva in cui ho incontrato te. All’epoca erano molto giovani, ricordo molto bene tuo padre Lorenz, aveva sempre avuto i tuo stessi capelli, metà ricci e metà lisci, sempre arruffati, indomabili. Invece tua madre, Larissa, aveva i tuoi stessi lineamenti, dolci e un po’ di lentiggini sparse qua e là, se guardo nei tuoi occhi, celesti e marroni con venature verdi, posso rivederli ancora. Quei colori rari da trovare, erano la combinazione di quelli dei tuoi genitori. Ahhh, basta cercare di ricordarli, stavo raccontando come li avevo conosciuti! Dunque, ah si, dicevo, ci trovavamo sulla stessa riva in cui ho trovato te. Come al solito stavo pescando, facevo il mio lavoro da vent’anni, solo quello potevo fare- aggiunse con tono divertito- e faceva un caldo assurdo. Dopo qualche ora ho visto i tuoi che camminavano mano nella mano in mezzo all’ombra degli alberi… Erano giovani, una coppia perfetta, ancora facevano i piccioncini, ma quel giorno c’era qualcosa di diverso nell’aria, una strana elettricità, un brutto presentimento, che non sapevo spiegarmi in alcun modo.

Lorenz e Larissa avevano steso una tovaglia a quadri sul prato e stavano riposando insieme. Io mi ero appisolato dietro un masso, lì avevo assicurato la canna da pesca.

Successe tutto in un attimo.

Un’enorme pesce balzò dall’acqua, era delle dimensioni di una piccola orca, possedeva una lunga fila di denti che avrebbe fatto invidia a qualunque appartenente al regno animale. All’inizio fui sorpreso quanto terrorizzato, ma ebbi il tempo di agire. Il “mostro”, ancora sollevato a mezz’aria, si diresse verso la coppia. Non potevo permetterlo. Guardando quei due vedevo ciò che avevo sempre desiderato, una vita serena e spensierata, probabilmente una famiglia che si sarebbe allargata dopo qualche tempo (non eri ancora nato), non sarei riuscito a sopportarlo. Mentre si avvicinava verso di loro ebbi il tempo di spingerlo di lato, abbastanza lontano. Pensavo che fosse finita, era tornato in acqua, ma non ebbi il tempo di girarmi che mi era di nuovo addosso. Ricordo solo un dolore lancinante alla spalla, e poco dopo più niente.

Mi svegliai nell’infermeria di mio fratello, ancora mezzo intontito dal dolore, non capivo nulla, tranne che il mostro mi aveva portato via il braccio. Davanti a me c’erano i tuoi genitori. Non potrei mai dimenticare i loro occhi colmi di gratitudine e di compassione, gonfi di lacrime.

Non mi avevano abbandonato un solo minuto. Dopo che il pesce era scappato con un bottino nell’infausta bocca, cercarono invano di farmi rinvenire, tornarono al villaggio cercando aiuto e trovarono fortunatamente mio fratello. Da quel giorno li ho considerati praticamente miei figli, tanto mi era a cuore la loro vita.

Mi informai di più sulla bestia. Quel maledetto essere era un pesce molto raro, soprannominato Galkimasela prendendo spunto da antiche leggende. Si diceva che apparisse nei fiumi di montagna laddove si nascondesse una coppia, per distruggere i cuori dei due amanti. Una bestia malvagia e senza pietà, torna ad attaccare le prede che non è riuscito a eliminare in precedenza.

E così ogni giorno, da venticinque anni, torno nello stesso posto in cui l’ho visto, tentando di catturarlo. Ogni giorno tornava da me, ma non riuscivo mai a ucciderlo, ogni santissimo giorno avevo una trappola diversa, ma lui no, riusciva sempre a fuggire. E poi sei arrivato tu, ragazzo. Lo stesso giorno si ripresentò Galkimasela, in tutta la sua grandezza. Sei stato piuttosto sfortunato a trovartelo sotto, quella dannata bestia non la finiva di strattonare la tua zattera. Dal momento in cui ti ho visto avevo capito che la storia si sarebbe ripetuta, mi trovavo di nuovo a difendere una persona cara. E’ stato in quel momento che ho capito tutto, era quando difendevo qualcuno che avevo la forza necessaria a reagire. Ho fatto appena in tempo a tirarti fuori dall’acqua, che quel bastardo si è diretto di nuovo verso di te, ho messo da parte tutte le trappole che avevo preparato, mi ero reso conto che non lo avrei mai battuto così, e mi sono lanciato tra te e lui con il mio fidato coltello. Lo sollevai appena sopra la testa, lui ci passo sopra durante il balzo, e bastò per squartare il pesce dalle branchie alla coda. Non uscì sangue: svanì nell’aria, emettendo suoni terribili: ascoltando più attentamente mi resi conto che erano le voci di tutte le vittime che aveva ucciso, e purtroppo il suo grido mi sembrò decisamente troppo lungo. Subito dopo si vaporizzò e, non chiedermi come, mi svegliai a casa. Mi ritrovai disteso sul pavimento a pochi metri dal mio letto.

Questa è la mia versione, ha dell’incredibile, non credi?

-Senza alcun dubbio… ma come mai se lei conosceva talmente bene me e i miei genitori non l’ho mai vista entrare in casa mia?

-Ludwig, i tuoi mi avevano detto che appena mi guardavi scoppiavi a piangere, è stata per mia volontà che non sono quasi mai venuto a trovarti… poi otto anni fa, l’incredibile scomparsa dei tuoi… Stentavo a crederci, non mi sembrava vero, era impossibile che avevo perso l’unica cosa che mi aveva mantenuto felice tutto quel tempo. Appena ho saputo che tu c’eri ancora, cercai di raggiungerti, ma i tuoi parenti mi impedirono di prenderti in custodia. Ero ridotto piuttosto male, il fumo e l’alcool mi avevano distrutto, e in più ero senza un braccio, non ero capace di accudirti come i tuoi genitori. E in più tu non mi avevi mai visto in vita tua, non ti piacevo da quando eri piccolo, non potevo entrare nella tua vita così, come un perfetto sconosciuto.

-Capisco, ti ringrazio per avermi raccontato tutti questi particolari, ne avevo bisogno.

-Non ho ancora finito con le sorprese però,- mi stupì, con questa frase, pensavo che avesse terminato il suo discorso- sai bene che non si sa nulla sulla scomparsa dei tuoi, né ora, né luogo, né se per colpa di qualcuno, nulla. In questi anni non sono rimasto di certo con le mani in mano, ho continuato a cercare informazioni. Tempo fa ho incontrato una vecchietta che diceva di sapere cosa era successo, non so se dicesse la verità, ma una cosa è sicura, tentar non nuoce. Ora ci sei tu, ragazzo, penso che sia tuo il compito di cercare i tuoi genitori, ho sempre immaginato di poterli trovare ancora vivi, chissà, magari stanno cercando di tornare a casa, da te. Si sa che sono scomparsi, ma non che sono morti, e i loro cadaveri non sono stati trovati. Dovresti cercare una risposta per il tuo enigma, magari Dio ricompenserà i tuoi sforzi.

Le ultime frasi di Korm mi avevano totalmente scombussolato. I miei genitori? I miei genitori ancora vivi? No, non poteva essere, era un’assurdità, non poteva essere vero… Ma un fondo di verità forse c’era… Nessuno aveva notizie certe della loro morte, e in più, se fossi stato fortunato, avrei potuto riabbracciare ciò che avevo amato di più al mondo.

-La vecchietta si trova sul percorso che porta alla prossima città, Kaleb, dalla tua espressione vedo che hai preso una decisione. Ti ho raccontato tutto ciò che avevo da raccontarti, non ho più niente da dirti, ti auguro buona fortuna, e se sai qualcosa di nuovo non tardare ad informarmi, mi raccomando!- strinse l’occhiolino compiaciuto del suo discorso.

Non ebbi nemmeno le forze per salutarlo, tanto ero sconvolto e ansioso per ciò che mi aspettava.

-Ho ascoltato la vostra conversazione- Kelly apparse improvvisamente da dietro un albero –voglio venire con te. La vita qui mi distrugge e voglio cambiare, so che sto sprecando gran parte del mio tempo in questa città, e sinceramente, mi hai colpito, non so perché. Forse per le tue parole, la tua compostezza, la voglia che hai di cambiare… siamo accomunati da tutto ciò, e ormai sono abbastanza grande da poter scegliere ciò che è meglio per me.

Il suo sorriso continuava a sondarmi l’anima, non potevo rifiutare una sua proposta, soprattutto mentre sorrideva.

Kelly ci mise due giorni a preparare il necessario, da donna che era, e durante tutto quel tempo Ken e Korm mi costrinsero a rimanere da loro.

 

E’ venuto il momento della partenza. Kelly sapeva bene che non era un viaggio leggero e adatto a tutti, ho provato a dissuaderla, più per educazione che per cercare di evitare che mi seguisse, non mi avrebbe dato affatto fastidio la sua presenza.

Ken ha avuto il tempo di togliermi i punti dalla testa e medicarmi, e preparate le provviste siamo finalmente pronti ad incamminarci.

Non riesco più a contenere la mia contentezza, la mia speranza, le mie fottute ansie. So solo che erano piacevoli tormenti.

Chissà se sarei riuscito anche a conquistare Kelly. Per ora, è meglio pensare solo al viaggio.
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