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mercoledì 26 ottobre 2011

Capitolo dieci: La seconda prova

28 Dicembre 1892, Villa di Lady Ivalovna, Archadia.



-Lud, è ora di alzarsi!

-Ehhhh, cheee?

-Dai, sono quasi le nove! Abbiamo la prima seduta di allenamento speciale!

-Ah, si, tra cinque minuti mi alzo…

-Ludwig Loodle! Alzati immediatamente da questo dannato letto!

No, non era esattamente il risveglio che mi aspettavo.

Cavolo, avevamo dormito insieme, per la prima volta, ci eravamo dichiarati, il nostro amore era sbocciato, ed eravamo arrivati già alla fase in cui la ragazza della mia vita si trasforma in una dittatrice arcigna? Devo essermi addormentato un bel po’.

Ha spalancato le finestre violentemente, un getto di luce mi ha accecato fin dal primo istante.

Però in tutto quel furore riuscivo a trovare un momento per pensare…

I suoi bellissimi capelli erano attraversati dalla calda luce del mattino, resi ancora più splendenti e infinitamente belli.

Non potevo non pensare di essere felice, anche se venivo sgridato.

Quella ragazza che avrebbe voluto volentieri picchiarmi, in quanto i cinque minuti erano finiti da un pezzo, mi sarebbe stata accanto d’ora in poi; la ragazza che ho sognato, che ho desiderato con tutte le mie forze, ora è mia.

-Dai sbrigati a vestirti, dovevamo essere all’entrata della villa già mezz’ora fa!

-Si, si, dammi un attimo ancora…

Mi sono alzato dal letto un po’ controvoglia.

Chi si sarebbe mai dimenticato della testa di Kelly appoggiata sul mio petto?

Oggi indosso i soliti vestiti, una semplice camicia bianca (è l’indumento che mi sta meglio, non uscivo mai di casa senza averne una addosso), il cappotto da viaggio che arrivava fino a terra e il mio cappello. Non lo avrei mai abbandonato a casa, valeva più della mia stessa vita.

Era l’ultimo ricordo che avevo di mio padre.

Ricordo ancora adesso.

Quando partì per il viaggio con mia madre lo lasciò appeso davanti al portone, lo presi e corsi dietro di loro, ma non feci in tempo.

Salirono sulla loro carrozza a vapore senza vedermi, io stesso non li rividi mai più.

Decisi di tenerlo con me e di non separarmene mai, forse un giorno avrei potuto restituirlo a mio padre.

La piuma argentata con inciso il nome “Avenger” era incastrata alla base del cappello, mi dava un non so che di intellettuale, mi donava molto. Ma i pareri personali e soggettivi non contano molto, di solito.

 

Scendiamo finalmente all’entrata.

C’è Lady Ivalovna che ci aspetta davanti all’enorme specchio che avevamo visto qualche giorno fa, sempre con il suo sguardo imperturbabile, inquietante. Immanuel ricalcava alla perfezione le emozioni della sua padrona.

Un tavolo davanti a noi metteva in bella vista due sacchetti di media grandezza, probabilmente contenenti delle provviste.

Ma a cosa ci servivano le provviste se ci trovavamo ancora all’interno della villa, con cuochi e cameriere pronti a soddisfare i nostri comodi?

-Oggi vi aspetta un allenamento un po’ diverso dai precedenti. Immanuel, illustra loro l’obiettivo.

-Signorini, vi prego di ascoltarmi attentamente. La prima prova che avete superato riguardava il Behemoth di Terra. Voi avete affrontato una copia che Lady Ivalovna ha creato per voi, all’unico scopo di saggiare le vostre abilità.

Questa volta vi aspetta qualcosa di leggermente diverso. Dovrete infatti andare a caccia di mostri. Mi spiego meglio.

Quest’enorme specchio che vedete davanti a voi non è altro che un portale magico, che consente di trasferire istantaneamente i materiali da questo mondo.

Voi dovrete catturare dodici creature, quattro ciascuno, utilizzando solamente i vostri poteri. Non vi è infatti concesso portare con voi le vostre armi, Avenger e Skyline, ma potrete aiutarvi con questi- ci porse due piume diverse, una forgiata dallo smeraldo per me, una di rubino per Kelly.

-Ma noi siamo solamente due, dovremmo combatterne solo ot…

-Queste- continuò Lady Ivalovna interrompendo la ragazza- sono piume create da me con la magia. Il loro funzionamento è identico a quello delle altre piume utilizzate da voi finora, ma vi aiuteranno a sviluppare maggiormente i vostri poteri.

Si trasformeranno nell’oggetto che per voi sembrerà più utile. Ma attenzione: potrete trasformarla di nuovo solo dopo aver catturato le bestie che dovrete riporre qui dentro, - ci consegnò due carillon- essi si apriranno soltanto quando avrete sottomesso definitivamente la creatura.

-In quel momento si apriranno i due carillon e i mostri verranno risucchiati al loro interno, tutto chiaro?- ci domandò Immanuel.

-E’ una competizione a punti perciò vi troverete ad affrontarvi faccia a faccia, in alcune situazioni. Ifrit darà il punteggio in base alla cattura più emozionante e al tempo impiegato.

-Ah, dimenticavo- riprese la padrona- lo specchio, una volta attraversato, ritornerà corporeo e non potrà essere sfruttato di nuovo a meno che voi non catturiate tutti gli obiettivi o scada il tempo, in quel caso la vostra prova fallirà.

-E, esattamente, quanto tempo abbiamo?- domandai, non senza cercare di nascondere una certa preoccupazione.

-Avete quattro settimane di tempo a partire da… ora!

Immanuel ci mise i sacchetti e una scheda con le descrizioni degli obiettivi in mano e ci spinse improvvisamente verso lo specchio.

Notai l’espressione di Kelly, a metà tra l’incredula e la divertita.

Sinceramente io non ci trovavo nulla di divertente.

-Ultima cosa, Edmund vi darà una mano.

-Cooooosaaaa?

Attraversammo, nostro malgrado, lo specchio.

Era gelato, dava la sensazione di esserci appena fatti un bagno, anche se eravamo completamente asciutti.

-Dai Lud non prenderla male- mi disse Kelly con il suo solito sorriso.

-Si, Luddino piccolino, non prenderla male. Vi sono mancato?

Non riuscii a fare altro che sbuffare.

-Eccolo qui di nuovo,- pensai- possibile che debba averlo sempre intorno? Spero che non mi intralci, altrimenti se la passerà brutta.

Dietro di noi lo specchio sembrava fatto di marmo.

Davanti a noi tre una immensa vallata rocciosa.

Quattro settimane insieme a Edmund, che il cielo mi aiuti.

La caccia comincia.

mercoledì 19 ottobre 2011

Capitolo nove: Unexpected changes


28 Dicembre 1892, Villa di Lady Ivalovna, Archadia.


L’Alba.

La stanza in cui ho dormito stanotte è illuminata dai raggi del sole che si sveglia, una sensazione indescrivibile, di quelle che vivi, che senti dentro, e che sai non ritorneranno più.

Pensare sempre e solo all’amore ci distrugge dentro.

Facciamo sempre in modo che la persona che amiamo sia al centro delle nostre attenzioni, sia il nostro mondo, è per questo che quando la perdiamo la nostra vita rimane vuota senza senso.

Con un braccio sotto la testa e con la piuma in mano, penso e scrivo.

Adoro svegliarmi prima, non per alzarmi dal letto in modo da poter eseguire i miei compiti, ma perché così ho tempo per pensare, che purtroppo non mi basta durante il giorno; la notte sono troppo stanco per fare qualsiasi cosa che sia diversa dal mettermi il pigiama e buttarmi sul letto.

Pensare a Kelly è diventato il mio hobby: ogni giorno ho cercato sempre il modo migliore per avvicinarmi a lei, a volte mi sono deciso a prenderle la mano, o anche solo prenderla a braccetto, ma c’è sempre stato Edmund intorno a rovinare tutto. Si vede lontano un miglio che le sta facendo la corte, è ovvio, e non mi piace per niente.

Abbiamo cominciato uno speciale addestramento con Lady Ivalovna.

Kelly ieri ha incontrato molte difficoltà nell’imparare a memoria tutte le formule, e lui era sempre lì, pronto ad aiutarla.

Mentre osservavo quei due, mi allenavo con un manichino trasformato da una piuma di Ifrit, che rimaneva sempre accanto a Lady Ivalovna quando non eravamo in viaggio, ma non ero molto concentrato.

Dovevo cercare di colpirlo il più forte e il più agilmente possibile, ma il miglior risultato che sono riuscito ad ottenere è stato quello di inciampare e sbattere la faccia contro quel “coso” di argento.

Ho provato più volte a lasciar perdere e andare loro incontro, ma ogni volta Edmund mi guardava con uno sguardo minaccioso, come se volesse dire che quello era il suo territorio.

Ma ero intenzionato a fargli cambiare idea.

Mi avvicinai al loro tavolo.

-Ehi, Kelly come procede lo studio?

-Non ti preoccupare Luddy Loo, qui ci basto io ad aiutarla- mi rispose Edmund con una cantilena insopportabile, ho sempre odiato i nomignoli.

-Simpaticone, Eddy Merdy- risposi con lo stesso tono di voce, come una sfida.

La colse al volo.

Si alzò dalla sedia violentemente, con uno sguardo minaccioso, ma a me non faceva paura, potevo benissimo contrastarlo.

-Ora basta, ragazzi, vi ringrazio per il vostro aiuto ma posso farcela anche da sola, dico sul serio, anzi dovreste allenarvi un po’ insieme, così calmate questi bollenti spiriti, d’accordo?-

-Perché no? Potrebbe essere divertente- dissi guardando fisso Edmund.

-Vediamo cosa sai fare!

Presi la piuma che tenevo attaccato al cappello da viaggio, che si trasformò immediatamente in Avenger.

Mi sembrava diversa. La sua aura era diventata nera e rosso fuoco, e sembrava bramosa di potere. Ciò non mi dispiaceva affatto.

La sua Polaris invece risplendeva di bianco e azzurro, ma vidi nei suoi occhi la mia stessa luce.

Iniziò il combattimento.

Edmund sparò due colpi dal fucile, mancandomi di parecchio.

-Ma come, tutto qui? Possiedi Polaris da mesi e non sai colpire un obiettivo a venti palmi dal tuo muso schifoso?

-Impara a non abbassare la guardia, pivello.

Mi girai appena in tempo per vedere i proiettili tornare indietro seguendo i movimenti della sua mano sinistra.

-Merda!- Esclamai urlando mentre sollevavo lo spadone, li parai per un pelo.

-Figlio di buonadonna! Attacchi alle spalle eh?

Mi lanciai verso di lui, menando fendenti a casaccio, sapendo che sarebbe servito a ben poco.

Risposta errata.

Sentivo un potere ben diverso da quello provato durante la prima prova, una voglia immensa di colpirlo, anche a morte, non me ne importava nulla.

Edmund cominciò a evitare i miei colpi, abbassandosi, rotolando, buttandosi per terra.

Riusciva a schivarli tutti, ma i suoi occhi facevano intendere che era preoccupato, sapeva che non sarebbe durato a lungo.

Pensando ciò, mi resi conto che potevo dimostrargli quanto valevo.

Aumentai la velocità delle sferzate, mi sentivo potente, fuori controllo.

Avevo un espressione irreale, quasi malvagia, ma sapevo che non era mia.

Mi fermai, inorridito al pensiero di quello che stavo facendo.

Stavo lottando contro quello che doveva essere mio compagno di avventure, mio amico, per gelosia. Non mi ero mai abbassato a tanto.

Purtroppo il vigliacco che avevo davanti non fece il mio stesso ragionamento e mi sparò a bruciapelo ferendomi una guancia.

Di riflesso, lo sfiorai con la spada sulla fronte.

Eravamo grondanti di sangue e stanchi.

-Ne ho abbastanza, non ho mai subito un oltraggio del genere alla mia persona, me ne vado.

-Ahahah, codardo, che c’è, hai forse paura di trovarti vicino a me un secondo di più? Non sei degno di viaggiare con noi, non sai neanche qual è il nostro obiettivo!

-Il nostro obiettivo è cercare i nostri genitori.

Salì le scale delle segrete accompagnato dal fruscio del suo mantello.

Fissai il vuoto per minuti interi.

Mio fratello. Lui era il fratello che non avevo mai conosciuto.

Kelly si avvicinò a me, chiedendomi spiegazioni.

Non ebbi la forza necessaria a raccontarle tutta la storia, di lui conoscevo solo qualche voce, e cioè che era morto subito dopo il parto, tre anni dopo la mia nascita, e pensavo che fosse solo una ridicola storiella raccontata dai bambini in città per darmi fastidio o farmi piangere. In fondo i miei non me ne avevano mai parlato.

-Andiamo fuori, ho bisogno di cambiare un po’ l’aria al cervello.

Ci siamo seduti su una panchina sotto al porticato della vecchia.

Edmund se ne era andato veramente, ci confermò Immanuel, portandosi appresso solo uno zaino con poche provviste e Polaris.

-Questo è il mio fratellino? Un ragazzino completamente diverso da me? Che odio fin dal primo momento in cui l’ho visto? Stavo benissimo da solo anche senza di lui! Perché i miei hanno pensato di fare un altro figlio? Non bastavo io?

-Forse pensavano che da solo ti saresti annoiato, avevi bisogno di qualcuno con cui giocare no?- mi rispose Kelly con il suo sorriso raggiante.

-Mah, a me pare che abbia portato solo guai finora.

-Può anche darsi, ma a me è piaciuto il modo in cui lo hai sfidato.  Ma ora dimmi la verità, eri davvero geloso di me?

Mi si formò un nodo in gola. Smisi quasi di respirare. Pensavo solamente “ e ora che dico, e ora che dico, e ora che dico…” all’infinito. Una goccia di sudore scese lungo la mia fronte.

Allargai le braccia sullo schienale della panchina, cercando di imitare il modo di fare di Edmund, e con la sua stessa voce dissi: -Difficile non essere gelosa di una bella ragazza come te, non credi?- e accennai un’occhiolino.

Lei rise.

Mi resi conto che nel modo in cui mi ero seduto il mio braccio sinistro era molto vicino alle sue spalle, e arrossii subito.

Pensai “Ormai abbiamo fatto trentanove, facciamo quaranta!”, e mi avvicinai a lei.

Lei si strinse forte a me, si accoccolò tra le mie braccia, ci guardammo fissi negli occhi, pochi secondi, che bastarono a farmi quasi svenire.

-Lo sai che sei proprio stupido?- mi disse lei senza smettere di sorridere, ma anche lei era arrossita violentemente.

Tutti e due capimmo che c’era qualcosa che doveva succedere ora, e non poteva essere rimandato.

Un’ultimo sguardo, molto intenso, e ci baciammo.

Fu una sensazione incredibile, sentire insieme il calore dei sentimenti e l’umidità delle sue labbra, il battito accelerato dei nostri cuori e i respiri quasi inesistenti.

Eravamo diventati una cosa sola, e ora ero felice.

“Alla faccia di Eddy Merdy” pensai ridendo tra me e me.

Tutto questo è successo solamente ieri, e ancora stento a crederci.

E’ l’alba, ci aspetta la seconda prova, e ancora addormentata sul mio petto c’è Kelly, con il suo viso angelico e il profumo dei suoi capelli scarlatti a cambiarmi la vita.

mercoledì 12 ottobre 2011

Capitolo otto: La prima prova

26 Dicembre 1892, Pianura di Doyn, Archadia.

 

Ricordo solo vagamente come andarono i fatti quel giorno. Cercherò di ricostruirli sforzandomi il più possibile.

 

Dotato di forza e coraggio inusuali per il mio carattere abituale, ero convinto che nulla sarebbe riuscito a sconfiggermi.

Il primo salto mi portò sulla sua coda, più grossa di una carrozza, e mi permise di raggiungere, arrampicandomi sulla sua schiena irta di rocce, la sua spalla. Un ultimo scatto e raggiunsi la sommità della testa. Lo spadone che avevo posto sulla schiena era di dimensioni decisamente maggiori alle mie possibilità, ma il suo peso non mi sembrava cambiato da quando era ancora una piuma.

Lo sollevai oltre la mia testa, ero pronto per colpirlo mortalmente, dopo aver scoperto una fessura di carne non coperta dalle quattro maestose corna verticali, improvvisamente fui scaraventato giù da una sua manata.

Mentre precipitavo da venti metri di altezza, vidi con la coda dell’occhio Kelly. Aveva gli occhi bianchi ed era sollevata a pochi centimetri da terra, mi accorsi che la sua asta non era bianca ma formata da un vortice di colori.

Stavo per toccare terra.

Improvvisamente un enorme cuscino d’aria mi trattenne a pochi palmi dal suolo, mi girai e vidi che Kelly stava guardando me.

-Dunque può usare la magia, affascinante- pensai.

-Attento Lud!

Un immenso risucchio di aria precedette un urlo mai sentito prima.

Era di una tonalità bassissima, impossibile da riprodurre.

Sentii il corpo che vibrava.

L’onda d’urto che si propagò dalla bocca del Behemoth fu talmente potente da scaraventarci parecchi metri più addietro.

Non appena il drago gigante smise di urlare ci rendemmo conto di quanto eravamo svantaggiati.

Io vedevo tutto sfocato, mi girava la testa e le orecchie fischiavano impazzite. Kelly, poco più indietro di me, aveva perso i sensi. Vidi di nuovo in controluce il Behemoth di Terra nella sua grandiosità.

La sua ombra ci invase di nuovo.

Cominciò ad avanzare velocemente sulle sue gambe grosse e tozze.

Non avevo più forze per combattere. La mia spada era tornata di nuovo una piuma, la presi tra le mani, ma non si ritrasformò.

Il terrore si impadronì del mio corpo.

Il Behemoth alzò braccio.

I suoi occhi blu tempesta mandavano scintille, volevano dire “non potete nulla contro di me”.

E forse era davvero così.

Alzò due dita verso l’alto tenendo la mano ferma e si alzò un macigno enorme dal terreno.

Si formò un cratere nel terreno.

Il Behemoth prese il macigno con le due braccia e lo lanciò verso di noi.

E’ tutto quello che ricordo.

 

 

 

Sera, 26 Dicembre 1892, sulla strada verso Kaleb, Archadia.

 

Mi svegliai davanti alla porta della reggia di Lady Ivalovna.

Io e Kelly eravamo totalmente storditi, non capivamo come eravamo finiti lì.

Ci accolse Immanuel, il maggiordomo.

-Deduco che la prima prova non sia andata molto bene vero?

-Quale prova?- chiesi a Immanuel.

-Ah già, ancora non sapete nulla a proposito. Vi prego di seguirmi.

Entrammo di nuovo nella reggia.

Nel centro della stanza era posizionato uno specchio rettangolare che arrivava da una parte all’altra dell’atrio.

-Oh, scoprirete dopo a cosa serve quello specchio. Lo ammetto, sapevo che non ce l’avreste fatta. Diciamo che era più una specie di test per conoscere le vostre abilità nascoste.

Lady Ivalovna si trovava a un’angolo della stanza seduta di spalle su una poltrona di pelle davanti al camino acceso con un bicchiere di vino rosso in mano.

-Devo dire che mi aspettavo molto peggio, siete due ragazzi dalle incredibili capacità. Tu, Ludwig, possiedi un potere particolare: il tuo spadone è infuso dei quattro elementi, e puoi maneggiarli a tuo piacimento. Il tuo spadone, Avenger, non può essere portato da chiunque.

Una persona normale risentirebbe del suo peso come gli altri, non sarebbe maneggiabile. Invece Ifrit ha scelto la relativa piuma per te. Solo chi ha vissuto a lungo nell’ombra ed è invaso dalla voglia di vendetta può utilizzarla… però fai molta attenzione: se dovessi cambiare idea non avrai più la possibilità di impugnarla, tornerai ad essere un uomo normale.

Kelly, invece tu possiedi la Skyline, un’asta magica molto potente, anche tu puoi utilizzare tutti e quattro gli elementi ma per ora non conosci neanche le basi per utilizzarle.

Mentre combattevate sono entrata nella mente di Kelly per effettuare quella magia, altrimenti sarebbe potuta finire male.

-Ecco perché aveva gli occhi bianchi- pensai tra me e me.

-Comunque, ora che ho finito di spiegarvi le cose più importanti posso rivelarvi i miei veri propositi. Infatti nei sotterranei di questa reggia ho fatto installare un’arena di allenamento per tre persone.

-Ma noi siamo solo due, chi è il terzo che si allenerà con noi?

-Vieni Edmund, saluta i tuoi nuovi compagni-

-Buonasera gente!

-Lui è stato scelto da Ifrit mesi fa, perciò è più esperto di voi. Utilizza un fucile, Polaris, con pallottole magiche, in grado di indebolire l’avversario in modi diversi. Ad esempio accecandolo o addormentandolo, ma lascio a voi il piacere di scoprire gli altri.

Premetto, questo nuovo personaggio mi da già parecchio fastidio. Si è presentato come se fosse il ragazzo più forte sulla terra, spavaldo, con il mantello che toccava terra, il suo aspetto non mi piaceva, il suo carattere non mi piaceva, ero sicuro che avrebbe portato solo problemi.

Purtroppo Kelly non la pensava come me.

Guardava la sua barba curata, i suoi occhi verdissimi, i suoi vestiti dell’alta aristocrazia con profonda ammirazione.

All’inizio non mi preoccupai molto della reazione di Kelly, ma poi, riflettendo bene, pensai che effettivamente Edmund avrebbe portato parecchi problemi.

Era tutto il contrario di me: non era timido, ma molto estroverso (odio ritornare con la mente al momento in cui baciò la mano di Kelly, sicuro di sé, mentre lei le sorrideva), vestiva abiti nuovi e alla moda, cosa che io non potevo permettermi visto che non avevo molti soldi, probabilmente aveva anche una famiglia agiata, cosa che sarebbe ritornata utile a Kelly nel caso in cui si fossero sposati, io invece non avevo nulla da offrirle. Nel momento in cui lei gli sorrise mi crollò il mondo addosso.

Avevo capito che non avevo speranze, che tutto quello in cui credevo da giorni sarebbe potuto finire da un momento all’altro.

Poi si avvicinò piano a me e prendendomi a braccetto mi disse all’orecchio: -Ehi Lud, questo tizio mi sembra simpatico, ma non mi pare il caso di fidarci troppo, tu intanto rimani il più vicino possibile a me.

Mi fece l’occhiolino.

Ci sono questi momenti che riescono a farti dimenticare tutti i problemi, riesci a non pensare a nulla tranne che a te stesso: capisci cosa hai sbagliato, capisci cosa hai fatto o cosa non avresti dovuto, a volte capisci anche cosa dovrai fare, per ricominciare a stare bene esattamente come prima che tutto iniziasse, o finisse.

mercoledì 5 ottobre 2011

Capitolo sette: Un nuovo potere

26 Dicembre 1892, Pianura di Doyn, Archadia.


Tramonto. Un incantevole tramonto. Vorrei non dovermi mai allontanare da questo posto stupendo, rimanere qui, da solo, con la mia amata, chissà, magari un giorno ci sposeremo, avremo figli, faremo costruire qui la nostra casa e saremo felici. Purtroppo non sempre essere ottimisti equivale ad essere realisti.

Mi lego i miei capelli lunghi e indomabili, con questo leggero venticello diventano fastidiosi.

Siamo seduti vicini.

Io e la ragazza che amo, siamo seduti vicini, e non posso fare nulla per renderla mia.

L’ombra dell’enorme quercia che sovrasta quest’incredibile paesaggio rinfresca e rilassa, guardare la danza dei pollini che volteggiano in aria mi rende sereno, ma di una serenità malinconica, triste.

Dopo aver poggiato il mio sporco cappello da viaggiatore sul mio viso, provo a far finta di riposarmi, ora ho l’occasione di ammirare Kelly senza arrossire, senza distogliere lo sguardo.

I suoi capelli rossi danzano armoniosamente seguendo il movimento dei pollini, i suoi capelli al vento le donano una bellezza divina. Cosa non farei per accarezzarli, per guardarla fissamente negli occhi anche solo una volta, sapendo di essere fissato a mia volta, vorrei leggere i suoi pensieri, sapere cosa prova per me, tentare di avvicinarmi e…

Un desiderio. Se avessi un solo desiderio da esprimere urlerei al mondo il mio amore per te e chiederei di essere il tuo sposo, ma non ho questa opportunità.

-Dai Ludwig, sta facendo buio, è ora di alzarsi!- esclamò la mia adorata balzando in piedi e spolverandosi i vestiti,

-dobbiamo rimetterci in marcia!

Già, dobbiamo partire.

Ifrit, che aveva adagiato il capo piumato sulla mia gamba, stava riposando, sembrava un fedelissimo cane da compagnia. Leggermente diverso dal normale.

Tra uno sbadiglio e uno stiracchiamento, mi alzo utilizzando una forza di volontà sovrumana, che avrei volentieri utilizzato per rimanere lì ancora un po’.

Raccogliere lo zaino e ricominciare a camminare non fu mai così difficile.

Kelly non parla molto, ancora non abbiamo preso molta confidenza, ma i nostri progressi si vedono. Scherziamo più del normale, cerco di farla ridere il più possibile, è così che passiamo liete giornate.

Ci siamo fermati per qualche minuto ad un laghetto dopo due ore di cammino. Procedevamo piuttosto lentamente, ma la cosa non ci dispiaceva.

Ci eravamo ristorati con quell’acqua freschissima, ci divertivamo a lanciare sassi sull’acqua e a farli rimbalzare, ma a un certo punto lei scivolò, io la presi per un braccio, si aggrappò a me, successe tutto in un secondo.

Ci guardammo negli occhi, ci fissammo intensamente per minuti interi.

Ci allontanammo l’uno dall’altra con fare imbarazzato, io tossicchiavo, non sapevo come rompere il ghiaccio che si era riconsolidato alla perfezione. Dopo tutto il tempo che ci era voluto per scioglierlo. Dannazione.

-Ehm.. Grazie Lud, non avevo nessuna voglia di farmi il bagno proprio ora-

-Fi...figurati- balbettai come non avevo mai fatto in vita mia, proprio perché era stato il momento più intenso della mia vita. Quella strana elettricità che era passata attraverso i nostri occhi, correndo all’impazzata dai miei ai suoi occhi, aveva lasciato intendere molte cose, e noi ce ne eravamo resi conto, anche se non volevamo lasciarlo intendere.

-Penso che dovremmo accamparci qui vicino, così avremo modo di lavarci con l’acqua fresca domani mattina, però dobbiamo accendere un fuoco, non sappiamo ancora quali bestie potrebbero venire a farci visita stanotte.

-E esattamente, dov’è che vorresti prendere la legna?- dissi a Kelly scherzando.

-Ah, già, non sono molto pratica di queste cose.

-Ma mi pare piuttosto ovvio, cioè…- è proprio in questi momenti che dovrei imparare a chiudere questa maledetta bocca, fare la figura del saputello era l’ultimo modo per conquistarla.

Purtroppo non fu il mio autocontrollo a zittirmi.

Rimanemmo a bocca aperta.

Udimmo un fruscio.

Poi un boato improvviso.

Il rumore della terra che si smuoveva.

L’erba, alta fino alle ginocchia, si muoveva violentemente, e il vento si era allontanato già da un bel pezzo.

Non avevo la forza di girarmi, Kelly era di fronte a me, riuscii a leggere solo un misto di terrore e disperazione nei suoi occhi. Poi la luce del sole fu oscurata da un’ombra enorme che avanzava lentamente e si erigeva prima dietro di me, poi superava i miei piedi, arrivando fino al laghetto, diversi metri più avanti.

Cautamente mi girai e poco mancò che svenni.

Non sapevo cosa avevo davanti a me.

Una figura enorme, maestosa, in controluce vedevo solo i suoi contorni, ma sapevo che avrei avuto ancora poco tempo per fuggire.

Non so per quale motivo, sotto l’influsso di quale forza, rimasi fermo immobile, chiusi gli occhi, avvicinai i talloni, distesi i muscoli e aprii le palme al cielo.

Improvvisamente sentii qualcosa di pesante e di caldo che mi si adagiava sulla mano anche se di piccole dimensioni, simile a una piuma, ma più pesante del normale.

Aprii gli occhi e sulla mia testa scorsi la figura volteggiante di Ifrit nel cielo, che girava intorno all’essere enorme che avevamo davanti.

Nelle mie mani avevo una delle piume argentate di Ifrit, che aveva lasciato cadere di sua spontanea volontà tra le mie mani.

Mi girai e vidi che a Kelly era successa la medesima cosa.

A un certo punto le due piume brillarono e si allungarono oltremisura, lasciando spazio agli ultimi due oggetti che ci saremmo mai immaginati: un’asta che emanava una luminescenza bianca per la ragazza, uno spadone permeato da un’aura rosso fuoco per me.

Davanti a me si ergeva ancora il mostro enorme, ma ora si intravedevano i suoi riflessi dorati misti a scaglie color terra bruciata, delle enormi ali imponenti, artigli affilati, denti aguzzi, una coda smisuratamente lunga e possente.

Una strana forza mi invase, una grinta sovrannaturale, un’energia che non aveva nulla a che fare con il mio corpo, ma che dipendeva interamente dall’aura della spada, la quale aveva completamente avvinghiato il mio braccio, diventato fiammeggiante.

Ma non avevo caldo.

In quel momento capii cosa avrei dovuto fare.

Gamba destra avanti, spadone alzato con le due mani sopra la testa, feci forza sul piede destro e balzai in avanti, pronto ad assalire il Behemoth di terra.
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